Moltissimi i film in concorso al Mash Rome Film Fest 2013. Pellicole dei più svariati generi cinematografici, provenienti da tutto il mondo e proiettate nella sala cinema del Macro e all’Aranciera di San Sisto, si sono susseguite nelle giornate dall’8 all’11 maggio.
Drapetomania!, di J-C. Evans, Usa 2012, 34′
Drapetomania! di Jon–Carlos Evans è stato presentato nella categoria Remix ed è un vero e proprio montaggio lungo 34’ minuti in cui è davvero difficile quantificare gli episodi. Non mancano in questa pellicola gli elementi formali e contenutistici su cui soffermarsi. Immagini stilizzate, non centrate quasi ci fossero problemi di segnale, e fortemente saturate si mischiano tra loro in un film che propone una densissima e a volte “mononota” musica elettronica remixata e volta quasi a far affogare e anestetizzare lo spettatore – la prima immagine che vediamo è il trattamento che viene fatto ad Alex DeLarge durante il metodo Lodovico – di fronte a questa validissima riestetizzazione delle immagini. Lo schermo diviene uno split screen più volte ripetendo la stessa scena in entrambi, come vediamo nelle prime immagini tratte da A clockwork Orange con un bianco e nero quasi fumettistico. Lo schermo dunque si divide per ripetere e non per mostrare due azioni contemporanee come avveniva ad esempio nel celebre Blow Out di De Palma.
Una statua della libertà con uno sfondo infernale è l’intro di uno spezzone di un videogioco stile Mortal Kombat e di siringhe e pillole alle quali si intervallano immagini di un bambino. Altri bambini sembrano compiere dei piccoli guai. Che siringhe e pillole, facilmente inquadrabili come medicine o come droghe, stiano a indicare da una parte una sorta d’intento pedagogico delle immagini e dall’altro una ipotetica overdose da esse, come se quel bambino non fosse nessun altro che lo spettatore incarnato da noi stessi? Pochi minuti prima appare nel film l’immagine di un giornale con su scritto: «Teach your child to lose».
Ci troviamo di fronte a donne dupli e quadruplicate sullo schermo come se fossimo di fronte a una esplosione dell’estetica del remix intesa come ipersensualistica e affascinante. Labbra carnose, spermatozoi danzanti, ovuli e rose fecondano la nostra mente con le idee più inimmaginabili a cui segue uno schermo rosso e un punto interrogativo che introducono un vero e proprio show di post-produzione: un ballerino jazz balla sulle note di una musica improponibile alle orecchie – forse un jazz portato agli estremi? –. Le immagini sembrano assumere i contorni dei primi 3D, quelli che potevano essere visti con gli occhiali verdi e rossi usati negli anni 90, con colori prevalentemente gialli, rossi e verdi. Sul ritmo della canzone precedente una madre sculaccia a tempo suo figlio proseguendo su quel filone pedagogico mostrato precedentemente.
Appare una cartina dell’America del Nord. Scheletri muoiono dopo aver bevuto una sostanza nera. Si passa al filone militare con frasi di Ann Coulter in loop, immagini di repertorio e tratte da war movie. Infine un discorso di Obama. Masse si scontrano con la polizia. Vediamo grattacieli crollare dal vetro di una stanza in cui due giovani si baciano. Fluidi vengono gettati come fossero materiali di scarico. Lo schermo diviene nero come se fosse pronto l’avvento di una nuova società che si apre alla nostra vista tra spermatozoi, ovuli e figure geometriche, con una musica ipnotizzante. Appare la Terra, orologi, ingranaggi, tutto sembra essere riducibile a una giornata: 86400 secondi, 3600 minuti, 24 ore, 1 giorno si trasformano, in un solo secondo, lasciando ai nostri pensieri la capacità di una altrettanto valida interpretazione.