di Eugène Ionesco regia Massimo Castri in collaborazione con Marco Plini con Mauro Malinverno, Valentina Banci, Fabio Mascagni, Elisa Cecilia Langone, Sara Zanobbio, Francesco Borchi scene e costumi Claudia Calvaresi progetto luci Roberto Innocenti musiche Arturo Annecchino assistente alla regia Thea Dellavalle produzione Teatro Metastasio Stabile della Toscana dal 31 Marzo al 4 Aprile Teatro Vascello, Roma
Parlare per oltre un’ora e non dire nulla di concreto è il lietmotiv dell’intero spettacolo che deride la vita borghese del XX secolo fatta di banalità, omologazioni, convenzioni e incapacità di pensare. Ciò comporta l’impossibilità comunicativa espressa dalle due famiglie, Smith e Martin, protagoniste dell’opera La cantatrice calva di Eugène Ionesco, il rappresentante più importante, insieme a Samuel Beckett, della corrente teatrale contemporanea detta “teatro dell’assurdo”.
L’ampio palco del Teatro Vascello è diventato, per l’occasione, una stanza di un comunissimo appartamento borghese dell’Inghilterra del 1950, con poltrone, divano, sedie e scrivania e una luce calda quasi soffusa. I coniugi Smith parlano tra loro, alzano il tono della voce, discutono, si riappacificano senza dire nulla di concreto. I dialoghi vuoti e privi di significato continuano anche quando entrano in scena gli amici, i coniugi Martin. La vacuità dei discorsi di cui è pregno lo spettacolo lascia sbalordito e inquieto lo spettatore che non può esimersi dal ridere amaramente di talune circostanze curiose che altro non sono che la triste constatazione dell’incomunicabilità sociale.
Ciò emerge ancor di più nella seconda parte dello spettacolo in cui gli attori abbandonano i discorsi fatti di brevi frasi, solo apparentemente di senso logico, per passare a giochi di parole, versi onomatopeici e termini inventati. Il risultato è il medesimo: nulla ha senso e alla fine dello spettacolo ci si rende conto perfettamente che non è mai stata pronunciata parola in grado di instaurare un discorso vero tra persone vere.
Il lapsus conclusivo dei signori Martin che si definiscono famiglia Smith è l’essenza dell’omologazione della società attuale descritta dall’ingegno di Ionesco e rappresentata in maniera ottimale da tutti gli attori in scena.