MATT ELLIOTT: la distorsione polifonica del folk

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MATT ELLIOTT

Line up: Matt Elliott: chitarra, voce, diamonica

Quando: 22 Maggio 2012

Dove: Lanificio 159

Info:

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presentazione di Matt Elliott sul sito dell’etichetta discografica

Ascolta: Broken Bones

C’è qualcuno che martedì sera va a dormire felice e qualcuno che si rannicchia nel letto in un turbine emotivo. Matt Elliott squarcia una tela e ti piazza lì, davanti allo specchio, a guardare con candore quell’angoscia che non vuoi vedere.  Al Lanificio 159 si riunisce silenzioso un modesto gruppo di ascoltatori, quasi ignaro del sottile guanto gelido che accarezzerà solidamente le loro guance questa notte. Inglese di nascita e francese acquisito, Matt Elliott ha gli occhi grandi e una chitarra in mano sullo sfondo di un Maggio giunto quasi al termine, mentre il fresco umido estivo si stacca dai corpi e si concentra lì sul palco, dove l’artista inizia piano.

Conosciuto a livello europeo col progetto The Third Eye Foundation, dal 2003 Elliott si presenta individualmente, cosciente di sé stesso, col primo album solista The Mess We Made, a cui seguono il trittico delle Songs e in ultimo The broken Man. Facendo la conta, Matt indica a raggera un esordio dal velo post rock, una virazione elettronica atmosferica e un arrivo folk che guarda bramante verso guaiti di impianto dark oscuro.

Questo artista contrastato crea onde e defluisce, dal basso di una delicatezza acustica fino agli echi più accecanti in cui la chitarra sembra esplodere in pezzi. Deride le classificazioni, Matt Elliott, fustigando in una volta la tradizione cantautorale europea come l’industrial, giustapponendo melodiose armonie e frustate distorte. “Destrutturare il vecchio per costruire il nuovo” sembra lo slogan più quotato nelle vicende artistiche da quando è sorto il dubbio d’aver già creato tutto.  Elliott, ripiegato su sé stesso davanti alle ali di una farfalla gialla sullo sfondo, realizza uno spettacolo all’insegna del conflitto. La sua voce suona come un rimbombo di vento che fugge profondo la malinconia, tessendo inizialmente brani dalla consistenza tenera; si dirige poi brevemente verso strani virtuosismi chitarristici che richiamano il mandolino e la canzone popolare, investendo infine tutto sé stesso nel campionamento sempre più allucinato di chitarra, voce e strumenti vari. Si forma sul palco un’orchestra racchiusa in un uomo solo che ha improvvisamente tante voci e tanti occhi, e sempre più confuso si avvia verso la rabbia, picchia le corde dello strumento, l’aria si distorce tutta spostandosi in un rumore sempre più irritato che spiega l’avversione e lo sconforto di quegli occhi per un mondo che forse non capisce.

Poi torna il sole, l’acqua si placa e un paio di ultime canzoni raccontano che nonostante il dolore, a volte pulsante, la bellezza esiste, cura le ferite e si fa dolcezza. Dolcezza che in ogni caso resta nichilista, non esagerando mai e rimanendo impenetrabile. Matt Elliott come caos e contrasto, paradigmi del disordine umano complicato e vivo.

 

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Webmaster - Redattore Cinema

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