Torna al Piccolo Eliseo, dall’11 dicembre al 6 gennaio, lo spettacolo scritto e diretto da Mattia Torre, 456. Il 31 dicembre, party con la compagnia.
456 Scritto e diretto da: Mattia Torre Con: Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri, Cristina Pellegrino, Michele Nani Scene: Francesco Ghisu Disegno luci: Luca Barbati Aiuto regia: Francesca Rocca Costumi: Mimma Montorselli Assistente ai movimenti scenici: Alberto Bellandi Produzione: Nutrimenti Terrestri / Inteatro / WalshDall’11 dicembre 2012 al 6 gennaio 2013 – Piccolo Eliseo, Roma
Si può mettere in scena una tragedia divertente? Naturalmente sì. Scritto e diretto da Mattia Torre, uno dei tre autori dell’intelligentissima serie tv Boris, 456 ha tutto della tragedia: il tema, i personaggi, l’atmosfera e l’argomento, per quanto piccolo. Ma, superati i primi minuti di ambientamento con la lingua parlata da Ovidio, Ginesio e Mariaguglielma – uno spassosissimo dialetto meticcio con punte di letterarietà – sono le risate a farla da padrona, tanto per i personaggi – resi benissimo da Massimo De Lorenzo, Carlo De Ruggieri, Cristina Pellegrino e la new entry Michele Nani – quanto per le situazioni. Anzi, quanto più si sprofonda nel tragico, tanto più si ride e il grottesco raggiunge livelli di senso e di qualità sfortunatamente troppo rari nella drammaturgia italiana contemporanea.
La tragicità sta nell’opprimente visione di una vita vissuta per morire, una vita in cui tutto è – comicamente – pericoloso, ostile, minaccioso, costringendo all’isolamento – forzato, nel caso del figliu bizzarru – e alla sacralizzazione di tutto ciò che è casa: dal sugo lasciato sul fuoco dalla nonna prima di morire – e rabboccato da ormai quattro anni – alla tiella prestata alla francisa e non ancora restituita, che ha fatto perdere il sonno a mater. Il nuovo e il forestiero sono minacciosi: tutto è vecchio, in casa, e non per povertà; e invece di uscire di scena, i personaggi si piantano a bordo palco. Non c’è via di fuga da questa famiglia opprimente – nemmeno nella morte, come si vedrà -, non se si deve seguire la volontà di pater.
Tutto è – comicamente, tragicamente – piccolo, eppure così opprimente. Mater prega per riavere indietro la sua tiella, il figliu bizzarru vorrebbe emigrare per lavorare in un non meglio specificato locale del cugino nella capitale, pater… be’, quello che vuole pater è così assurdo e così centrale per la storia – ne è, in fondo, il fulcro tematico – che sarebbe criminale rivelarlo.
Ci si accontenti di questo: ne vale la pena.