«Tutto avviene come se il mio potere di accedere al mondo e quello di rinchiudermi nei fantasmi si implicassero vicendevolmente».
Merleau-Ponty di Luca Vanzago, professore di Gnoseologia all’università di Pavia, è un’ampia e fedele ricognizione del pensiero del filosofo francese morto prematuramente all’età di cinquantatre anni (1908-1961). Dalle prime opere sul “primato della percezione” fino agli appunti uniti da Lefort nel volume Il visibile e l’invisibile (1964), Vanzago ci offre la figura di un filosofo attento, in costante dialogo con il padre della fenomenologia, Husserl, ma anche con Kant, Hegel, Schelling, il neokantismo, la Gestaltpsychologie, Heidegger, l’amico Lacan e, infine, Sartre.
Già dai suoi primi scritti M. Merleau-Ponty dona una nuova prospettiva ontologica e gnoseologica alla percezione inquadrandola «come relazione concreta tra un soggetto incarnato e un mondo altrettanto corporeo» che, nel suo essere esperienza di un contatto primordiale, produce la verità. Ciò a cui mira Merleau-Ponty non è affatto la negazione del valore della scienza, bensì il delineamento di una sua nuova e differente concezione.
Fondamentale, in tutto l’apparato teorico, è il ruolo del corpo che, oltre a essere oggetto della conoscenza, è sua fonte primaria: «[P]er Merleau-Ponty si tratta di approfondire una filosofia allo “stato nascente” in cui la mente viene al mondo». Nel definire la relazione tra corpo e mondo come un qualcosa di selvaggio e grezzo, Merleau-Ponty mostra come il corpo dell’io concreto diventi oggetto tra gli altri, parte di un mondo che rifiuta il solipsismo e che, nella sua caratura pragmatica e storica, è da considerare come l’unico reale accesso all’intersoggettività. Verso la comprensione di un’ontologia della natura come processo automanifestantesi, Merleau-Ponty vede nel corpo umano il «teatro di manifestazione della natura e [il]suo abitante».
Ma il libro di Vanzago non si ferma alla pura speculazione teoretica merleau-pontyana; l’autore, infatti, fornisce anche il quadro dell’attività politica del filosofo francese, facendo riferimento al suo incarico di direttore della rivista Les Temps Modernes (1945-1953). Il tentativo di Merleau-Ponty, tanto nella critica alla dialettica “imbalsamata” e nella sua riproposizione come momento conflittuale, quanto nel confronto serrato con tutte le ideologie, sarà quello di «ripensare radicalmente anche il marxismo stesso, e ciò sarà fatto in direzione di quella nuova concezione della soggettività…». Quella che individua Merleau-Ponty è una prassi politica che non è mai «pura tecnica di gestione dell’esistente ma anche sempre attuazione dei fini, i quali a loro volta non vanno pensati in un al di là ideale, ma sono il frutto delle condizioni storico-materiali effettive».
Giungiamo così, con la critica a L’essere e il nulla (1943) di Sartre, agli ultimi lavori di Merleau-Ponty e all’incompiuto Il visibile e l’invisibile (1964). Qui le nozioni fondamentali sono quelle di carne e chiasma – o reversibilità -. Il corpo vivente è tale perché nello stesso istante vedente e visibile, costruzione, interiormente ed esternamente, intersoggettiva. La relazione del corpo con il mondo è, dunque, duplice e incrociata; una reversibilità che mi apre all’Altro nel mio costitutivo essere «carne della carne del mondo», e identificabile con uno «sguardo preumano» e un «legame pre-logico». Si chiude con la tematizzazione di una possibile reversibilità anche del linguaggio e della parola la parabola filosofica di Merleau-Ponty di cui il libro di Vanzago è utilissima e pregnante introduzione.
MERLEAU-PONTY
di Luca Vanzago, Carocci, Roma 2012