Michele De Lucchi: Colonne Portanti

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L’architetto ferrarese Michele De Lucchi cerca, legge e interpreta nelle pareti della galleria Fondazione Volume! le tracce stratificate negli anni, analizzando le origini della stessa come laboratorio artigiano e come luogo d’arte per i più rilevanti artisti internazionali.

Artista: Michele De Lucchi

Titolo: Colonne Portanti

Luogo: Fondazione Volume!– via San Francesco di Sales 86

a cura di Emilia Giorgi

fino al 15 febbraio 2013

De Lucchi é «uno a cui piace usare le mani per creare oggetti e grandi scenari in cui perdersi». Artigiano dell’architettura e del design, indaga le tracce del tempo e i segni stratificati delle storie artistiche, depositati negli spazi denudati e glabri della Fondazione VOLUME!

Spazio e tempo, dunque. Sono i cardini su cui ruotano immaginari emozionali: spazi mentali, isolati, ancestrali, in cui si affaccia, discreto e vago, il ricordo di un tempio greco, l’eco di una chiesa bizantina. Il tempo è «il più grande artista che esista, quello che riesce a fare sulla superficie delle cose è inimitabile».

L’insieme di nicchie é lo specchio emotivo delle riflessioni dell’autore intorno al significato originario dell’architettura: nicchie volutamente a-geometriche, in cui non vi é possibilità di riconoscere alcuna prospettiva aurea né ottenere la garanzia di una lettura visiva facile o scontata. Posizionate sempre troppo in alto, troppo in basso o troppo ravvicinate tra loro, é necessario giocare a cercarle o a lasciarsi trovare. Bisogna concedersi la libertà di esserne sorpresi e stupiti. Le colonne sorreggono il soffitto del piccolo vano e lo “portano” con la stessa dedizione quotidiana della lumaca che porta con sé la sua casa in miniatura. I capitelli (o dolci obelischi) come bottiglie di Morandi, «che pur essendo sempre le stesse, sempre quelle che abbiamo di fronte ogni giorno», sembrano i sassolini per ritrovare la strada di casa (magari le casette, pezzi di legno ritagliati con la sega elettrica, cui ha dedicato la ricerca degli ultimi anni): uguali, come i sassi, le cui proporzioni sono però originali e diverse, perché diversa e originale é l’azione percettiva in colui che le guarda. I sensi si distendono ed ecco che la micro visione diffonde un’atmosfera di pace e austerità, esaltata dai materiali “naturali” utilizzati: il legno (spicchi di dimensioni differenti, assemblati come i panettoni di tramezzini) e la luce (un micro land, dorato dalla retro illuminazione a incandescenza) allargano la percezione sensoriale dei propri paesaggi mentali. L’effetto finale di questa installazione site specific, curata da Emilia Giorgi, é importante nella sua offerta interpretativa, e quindi autorale, degli ambienti dell’ex vetreria di Trastevere e restaura l’attività del vedere più come concetto che come evento che si manifesta.

Afferma infatti De Lucchi: «Progettare è sempre stato difficile. L’uomo primitivo aveva grandi problemi di progettazione. Credo che la prima condizione, quella che più fa scattare la molla dell’invenzione, è il senso della libertà. E’ il sentirsi liberi che permette di pensare a condizioni migliori e a soluzioni migliori»…«La libertà alla fine è il progetto più bello che l’uomo si può costruire».

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Redazione

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