MICHELINA E IL POTERE SCARDINANTE DI UN CASTO BACIO

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MICHELINA

scritto e diretto da Edoardo Erba

con Maria Amelia Monti, Giampiero Ingrassia, Amerigo Fontani, Mauro Marino, Gianni Pellegrino, Annalisa Amodio

musiche e canzoni Federico Odling

disegno luci Paolo Macioci

costumi Massimo Poli

suono Lorenzo Alberti

produzione Nuova Ambra srl/Simona Bianchi/Valerio Terenzio

organizzazione Giorgio Terenzio

foto Claudio Aversa

Dall’8 al 20 maggio 2012, Teatro Vittoria, Roma

Se otto ore son troppo poche, provate voi a lavorare / e sentirete la differenza di lavorar e di comandar, intona un antico canto delle mondine. Ma se la storia conferma su larga scala la separazione insanabile tra padroni e servi del lavoro, a teatro è lecito sognare che i due mondi si incontrino. E chissà che la realtà, in qualche sporadico caso, non abbia superato la fantasia dell’arte.

A teatro è possibile, grazie alla sapiente drammaturgia di una commedia delicatamente musicale (scritta e diretta da Edoardo Erba), che la mondina Michelina (una travolgente Maria Amelia Monti), abbrutita dall’ignoranza ma dotata di un bel corpicino, si lasci trascinare dal bellimbusto cantante Arturo Bonavia (Giampiero Ingrassia) nell’improbabile avventura di essere trasformata in una soubrette. Ed è anche possibile che a un certo Cardinal Dorigo (Amerigo Fontani) interessi ordire un falso processo di canonizzazione per una suora di paese, suor Ercolina, alla quale manca il terzo miracolo per diventare santa.

Perfino nella fantasia del teatro, però, è un colpo di scena sorprendente che, ad innamorarsi, siano l’impresentabile Michelina e l’eminente Cardinal Dorigo. Il potentato vaticano, sotto la tonaca cardinalizia, vacilla colpito da un bacio di mondina. Quel bacio, che il cardinale si lascia rubare e dal quale resta come imminchionito, si fa punto d’intimo incontro fra due opposte schiavitù: da una parte il ruolo istituzionale di dominio, che ingessa la libera emozione; dall’altra l’ignoranza, che rende il povero un reietto.

Un casto bacio dispettoso sfugge tra le maglie d’acciaio che reggono il sistema delle caste: la miccia dell’amore è innescata e la bomba infilata laddove può produrre il maggior numero di vittime. Un cast affiatato e di prim’ordine e personaggi finemente delineati, nella scrittura e nell’interpretazione, rendono irresistibile la deflagrazione comica che segue.

La satira investe irriverente le rigidità e le ipocrisie dell’ortodossia cattolica e vaticana, ormai sclerotizzata e gerarchica, che agisce la sua insensata opera di normalizzazione e di repressione per mezzo di un’umanità fragile e patetica, preoccupata solo di mantenere intatto un sistema rassicurante di irreggimentazione. Al cardinal Dorigo, che per amore vagheggia nuove e infantili ipotesi di rivoluzione nella regola, si oppone un cardinale zoppicante e artritico (Mauro Marino), il cui corpo bloccato e dolorante è metafora di un sistema ecclesiastico paurosamente scricchiolante, che si ostina a rimanere in piedi. E il miserabile parroco di paese (Gianni Pellegrino) soffre, suda, si affanna a tamponare le falle che si aprono in un assurdo intrigo cardinalizio, oscillando in bilico fra una minaccia di retrocessione e una flebile promessa di carriera. Il baldanzoso cantante Arturo Bonavia è invece il povero che cerca, nel suo piccolo, di scimmiottare il potere e si accanisce sul più debole, si allea col forte, nel tentativo di scordare la propria inconfessabile impotenza. Ma tutti, poveri e ricchi, sono pedine di un gioco superiore, che origina nelle ridicole, esilaranti contraddizioni dell’animo umano. Neppure l’Aldilà sfugge al vizio, alla vanità: suor Ercolina (Annalisa Amodio), evocata dal cielo, è un’apparizione carica di profana e comicissima blasfemia.

Solo Michelina, in un’ingenuità che la rende quasi ultraterrena, resta fuori dai giochi. Ama l’amabile e ignora il deprecabile; punta il dito sul re nudo e ne ride; scopre il buono sotto l’abito talare e lo stana; ci insegna che ridere del mondo è l’unico modo per poterlo accettare.

 

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