Mineo Housing

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Martedì 26 Marzo, presso il Kino di Roma, la regista Cinzia Castanìa ha presentato il suo documentario Mineo Housing: un viaggio nel centro di accoglienza per immigrati in provincia di Catania in cui si mescolano toni di denuncia e di speranza. Al termine della proiezione è lei stessa a raccontarci la storia di questo delicato ed incisivo lavoro.

Mineo Housing, di C. Castanìa, Italia 2012, 59′

Fotografia: Greta De Lazzaris

Montaggio: Chiara Russo, Enrico Giovannone

Montaggio suono: Gabriel Hafner NosSonMix

Produzione: Gianluca Arcopinto, Cinzia Castanìa

 

Cinzia Castanìa costruisce un documentario istruttivo ed a suo modo sereno sul centro di accoglienza per immigrati che si trova a Mineo, in provincia di Catania. Con un accento tipicamente femminile traspare un punto di vista delicato e non invadente, sebbene schierato. La regista si avvicina a quei numerosi immigrati che attendono speranzosi il permesso di soggiorno o che la loro domanda di asilo politico venga accolta. Li fa parlare, ascolta le loro storie e li immortala in una videocamera per portarli fino a noi, per farceli sentire meno estranei. Conosciamo Saqir, che è fuggito dal Pakistan per non farsi coinvolgere in azioni terroristiche. C’è anche Mabruk, tunisino la cui famiglia, per telefono, domanda cosa ne sia stato del permesso di soggiorno che lui aspetta con impazienza. Dopo la diffidenza iniziale sembrano felici di raccontarsi; non mancano mai sorrisi e in qualche caso anche parole gentili per gli italiani. Quelle piccole casette in cui vivono divengono quasi un simbolo universale della solita banale omofobia che è presente in tutte le realtà affini, ma anche, straordinariamente, espressione di un entusiasmo costruttivo che trapela come una vitale boccata d’ossigeno.

Attorno al centro di Mineo ruota ogni punto di vista adottabile davanti al problema dell’immigrazione: c’è chi tollera, chi è solidale, chi imbraccia una bandiera nera, chi una rossa, chi non capisce, chi si scansa. L’immortale conflitto nell’accettazione del diverso convive con il pericolo di cadere nei luoghi comuni: ovunque si va, il denominatore è il medesimo. C’è tanto isolamento, il centro di accoglienza è contornato da una rete; lontano dal paese fa sentire gli immigrati in prigione, in una grande gabbia in cui il sogno di una vita diversa va alla deriva giorno dopo giorno. Eppure c’è un grande tocco di serenità: nella desolazione di ognuno si intravede lo sguardo del riscatto, così come nei sorrisi di una giovane donna si riscontra l’amore per la vita. La loro voglia di lavorare è immensa. Non spetta a noi stroncarla.

Mineo Housing è un perfetto equilibrio tra denuncia e vitalità. Intensa è la sequenza in cui si sente il soffiare del vento al crepuscolo mentre gli uomini ritratti da Cinzia Castanìa tornano nella loro pseudo prigione in attesa del domani. Traspare l’attaccamento della regista per la propria terra, la Sicilia, sulla quale ha un gran desiderio di indagare anche attraverso le storie di chi ci è giunto per caso, quasi a volerne giustificare la presenza a chi ancora li giudicasse degli intrusi. Alla fine della proiezione è lei stessa a narrare l’avventura di questo documentario, assieme a Gianfranco Schiavone, esperto di immigrazione che ci racconta del ritardo italiano nel gestire quella che nel 2011 era stata erroneamente chiamata “emergenza Nord Africa”. In realtà la situazione non era così drammatica, magari serviva solo una mentalità più accorta verso la questione dei diritti umani, riservata in massima parte agli “occidentali” e che sembra quasi non debba riguardare i cosiddetti “immigrati”. Il tono dolce ma deciso che usa Cinzia Castanìa rispecchia in pieno la struttura complessiva di Mineo Housing, un’opera di forte protesta che nel contempo sa essere anche generosa nel regalare un bagliore di speranza. Davvero un bel lavoro.

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Redazione

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