Sabotare la concezione lineare del tempo e mettere in crisi la fondatezza dell’origine: sono questi, forse, gli intenti della mostra di Mircea Cantor, esposta alla Sala Enel del Macro via Nizza fino al 3 giugno 2012.
Immensa è la struttura di Anima (2012). La struttura della basilica di San Pietro è ricostruita in legno, secondo metodi artigianali rumeni, e ridotta all’osso. Una sorta di ritorno a un tempo ancestrale oramai perduto. La struttura fisica è, paradossalmente, rilancio della primordiale matrice metafisica e, insieme, destrutturazione dell’incipiente potere temporale. Il dispositivo monumentale è, infatti, messo fuori gioco, spogliato. Grandi funi, attaccate a una croce poggiata al muro, avvolgono, come tentacoli di una piovra a prima vista mansueta, la basilica lignea. Le funi e la croce sono gli strumenti che consentono di muovere le marionette dall’alto e, nell’interpretazione dell’opera potrebbero avere un doppio significato. In un primo momento si è portati a identificare gli attrezzi con la forza del potere temporale, capillarmente presente nella sua silenziosa, quanto invasiva, invisibilità all’interno del corpo sociale. Ripensandoci, si coglie, forse, un aspetto più profondo. La croce è evidente rimando alla figura di Cristo, marionettista che ha liberato la sua creatura lasciandogli piena libertà d’azione sul palcoscenico – le funi, da notare, non sono tirate – . Il “compito” del Cristo non è così quello di un rigido governatore, bensì quello di un semplice e attonito osservatore che, metaforicamente, ha reciso le funi e rifiutato il comando.
Mostrare la conformazione di una vita da sempre individuale, già a partire dal suo lato prettamente biologico, è l’obiettivo di Epic Fountain (2012). Spille da balia, unite tra di loro, formano un lungo pezzo di DNA, architettura biologica comune a tutti gli esseri viventi e, tuttavia, differente in ognuno di essi. La struttura a doppia elica esibisce l’impossibilità di cogliere il suo inizio e la sua fine – ci appare, infatti, come temporalmente infinita – se non attraverso uno sguardo esterno di un essere totalmente svincolato da qualsiasi logica terrestre immersiva.
Orrore suicida dell’origine. Dispiegamento e autodistruzione: sono questi i due movimenti che scopriamo grazie al breve filmato in HD Sic Transit Gloria Mundi (2012). Una ragazza, dai tratti orientali, stende una lunga miccia sulle mani di alcune persone rannicchiate, in cerchio, come se fossero in preghiera intorno a un vuoto. La miccia si accende e, mentre la telecamera la segue nel suo correre lungo i palmi delle mani dei presenti, s’innalza di colpo per andare a spegnersi proprio tra le mani della ragazza, rimasta, a dispetto degli altri, in piedi. Il tempo si afferma così come percorso consequenziale di attimi – in questo caso sviluppati in senso circolare, senza, tuttavia, alcun riferimento al concetto di eterno ritorno dell’uguale – per poi sorprenderci nel suo inaspettato gesto suicida. L’origine consuma se stessa fino ad arrivare ad una consapevole autocombustione, abnegazione riflessiva del proprio farsi temporalità. Non c’è origine che non si adoperi nella rimozione del proprio atto fondante.
Non è una mera e insufficiente arte critica quella di Cantor; essa è piuttosto la prefigurazione della possibilità di una Recerche genealogica che possa condurci a quell’origine del tempo costitutivamente inafferrabile. Mircea Cantor opera la destituzione valoriale del contemporaneo mediante la costruzione di dispositivi, in grado di farci ritornare all’attimo in cui il tempo accadde per la prima volta sacrificandosi. Tre opere che costituiscono una trilogia, non cronologica, del tempo.
Allora, la frase Sic transit gloria mundi può tradursi soltanto in questo modo: così transitò nel tempo, nel mondo, l’origine perduta.
SIC TRANSIT GLORIA MUNDI
di Mircea Cantor, Macro, via Nizza, dal 16 marzo al 3 giugno 2012.
foto Mircea Cantor, dettagli film Sic Transit Gloria Mundi (2012), scritta Sic Transit Gloria Mundi (2012), Anima (2012).
Nessun commento
Pingback: LA SETTIMANA DI CARTAPESTA dal 28 maggio al 3 giugno 2012 | Pensieri di cartapesta