Antonello Venditti Gli anni ’80
Qualche giorno fa ho ricevuto in regalo Gli anni ’80, di Antonello Venditti, una raccolta delle sue canzoni più belle del decennio 1980/1990, uno dei miei dischi preferiti.
Un tempo avevo una musicassetta,
quella di mio padre, non originale ma registrata da parte di non so chi, con alla fine, come bonus track diremmo oggi, anche Grazie Roma, live.
Ho subito ascoltato il disco
e sono sprofondato nel pieno delle mie estati di inizio anni ’90, negli infiniti viaggi in auto per raggiungere Palinuro, sulla Salerno-Reggio Calabria che era davvero uno stargate tra due mondi.
Mi sono ritrovato a guardare fuori dal finestrino, tra l’azzurro cielo e il blu cobalto mare,
i sedili pieni di briciole, la radio che cantava Gli anni ’80 e io che restavo affascinato dalla melodia, dalla voce, senza poter capire gran parte di quello di cui si parlava nel disco. Però io lo cantavo, lo cantavo forte, e quando arrivavano parole che sapevo non avrei potuto dire, abbassavo il tono della voce oppure le cantavo velocissimamente.
I brani contenuti ne Gli anni ’80 hanno fatto epoca,
si sono legati inesorabilmente ad eventi della vita di tutti, basti pensare a Notte prima degli esami, per dirne una. Poi d’accordo, ognuno ritroverà i suoi eventi chiave in ogni canzone, ma per me questo disco, per ogni singolo brano, è e sarà sempre questo:
Notte prima degli esami, la finale di Coppa Campioni Roma-Liverpool del 1983;
Dimmelo tu cos’è, scopare bene;
Qui, l’università;
Giulio Cesare, mio padre e mio nonno, le coscienze popolari, la finale di Coppa del Mondo Inghilterra-Germania dell’Ovest a Wembley del ’66 e il goal fantasma di Hurst;
Ci vorrebbe un amico, il volo di ritorno in Italia nel film cult Vacanze in America;
Peppino, andare via da casa per la prima volta;
Ricordati di me, le lacrime, il sogno di scoprire cosa vivesse davvero al di là del mare;
Segreti, il diavoletto e l’angioletto della coscienza nei cartoni animati;
C’è un cuore che batte nel cuore, Villa Borghese e il Pincio, delle seghe (marinare la scuola) al liceo;
Settembre, il ritorno a scuola;
Piero e Cinzia, la curva Sud dello Stadio Olimpico e i mondiali di Italia ’90;
Stella, ninna nanna, la fine del disco, la voglia di riavvolgere il nastro, anzi no, di girare la musicassetta perché ancora non avevamo lo stereo con l’autoreverse.
Resta il fatto che la musica è una delle cose speciali che riesce sempre a trasportarti in luoghi e dimensioni della vita già vissuta, per questo vale sempre la pena ascoltarla, non peraltro per creare quei ricordi che Proust chiamava Madeleine.