Rassegna Mura di Suono 12 Febbraio @Le Mura, Roma
Una discesa preistorica in cui i suoni, così come le sequenze video scelte per la sonorizzazione, inizialmente su ritmi blues e interventi vocali live, accompagnano l’ingresso di Alice nel Paese delle Meraviglie. Una sonorizzazione vivificante, in cui i suoni, ricampionati affondando i denti nel sonoro originale del film, vanno avanti a singhiozzo: sincopati, looppati e screcciati.
Scendiamo insieme ad Alice in una miniera dei ricordi: barattoli di confetture e organismi di vario genere, una sorta di piccolo museo antropogico. Il video é materico. L’aderenza fisica e spirituale di Kristyna Kohoutova con il personaggio è inquietante: basta un frame e si capisce che è lei, Alice. Nello stesso modo in cui, pur non sapendo come esattamente fosse il Cristo, ne riconosciamo la figura, in una tela o in una scultura. L’animazione del boemo è musicalmente ben ridisegnata e diretta dalla strumentazione elettronica, cui si affiancano un basso e una chitarra elettrica.
L’inquietudine si deposita, come retrogusto dell’intera narrazione video, constantemente in bilico tra sogno e realtà. Rospi, conigli, carte da gioco, galline e porcospini, un desolato pollaio, oggetti sovra dimensionati, enormi quantità di acqua lacrima: ondate thriller, cui l’elettronica digitale, ora con perentorio passo space rock e psichedelico, fornisce climax drammaturgico acustico. Passaggi sonori rap progressive e sound gotico con accenti dark wave descrivono il momento cruciale: il calzino dentiera che gioca col fungo trottola di legno indica ad Alice la strada per “vedere” il mondo. ll dialogo tra il sonoro originale e i campionamenti si fa più intenso fino ad esplodere in uno speed industrial stroboscopico.
La parte strumentale è notevole e lascia spazio a dolci armonizzazioni e a sprazzi di sonoro originale (o silenzio sonoro). La voce dell’attrice (missaggi del parlato slavo) saltella sulle note di una chitarra classica lap steel, elettrificata artigianalmente attraverso l’applicazione di due pick-up, uno acustico e uno elettrico. I Muvic, nascosti dentro tute nere di nylon come strani insetti fuoriusciti dal film, appaiono anche loro sovradimensionati e viscidi come grosse formiche. Inquietanti nel loro muoversi in down tempo, nascosti dietro la strumentazione eppure ben visibili. Dall’Alice di Svankmajer alla sonorizzazione dei Muvic la strada è una crossmedialita (lo abbiamo già detto?) inquietante.
Terry Gilliam è ancora lì che ringrazia e noi con lui.