Neil LaBute: In a dark dark house

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Dal 19 febbraio al 3 marzo, In a dark dark house di Neil LaBute sarà in scena al Teatro Cometa Off di Roma. Ancora inedita in Italia, l’opera restituisce uno spaccato crudo e straziante della periferia americana contemporanea.

In a dark dark house

Di: Neil LaBute
Regia: Max Amato
Con: Daniele Antonini, Luca Guastini, Benedetta Comito
Aiuto regia: Michele Guastini
Scene: Giulio Ciccarese, Valentina Pontieri
Luci: Giuseppe Falcone
Foto: Manuela Parodi
Musica: Luca Guastini
Dipartimento artistico: Francesca Rocchi

Dal 19 febbraio al 3 marzo 2013 – Teatro Cometa Off, Roma

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In a dark dark house è soprattutto una storia oscura. Le tematiche – abuso fisico e sessuale di minori, menzogna e incomunicabilità nei rapporti familiari – non sono sfiorate da lontano, ma affrontate apertamente. Due fratelli si trovano costretti a scontrarsi con un passato irrisolto e sconcertante; ma Drew e Terry, i protagonisti dell’opera in parte autobiografica di LaBute, non potrebbero essere più diversi e distanti. Il più giovane è un avvocato di successo, obbligato dal tribunale a seguire un percorso di riabilitazione dall’abuso di alcool e droghe, per aver causato un incidente stradale. Il fratello maggiore, al contrario, è una guardia giurata, un lupo solitario e cupo, ma discreto e apparentemente stabile. Terry viene convocato dai medici in seguito ad alcune rivelazioni del fratello minore in sede di terapia: presunti abusi sessuali subiti in età pre-adolescenziale da un adulto; un amico del fratello, un certo Todd Astin. Ha inizio così un percorso amaro di inganni e tradimenti, che conduce i personaggi in un mondo antico fatto di violenze e segreti, di rancori e ingiustizie.

Ancora inedita in Italia, la pièce dell’autore statunitense è indubbiamente rischiosa e controversa, seppur nuova in termini di contenuti e drammaturgia. «La famiglia è un’istituzione in crisi da secoli, resiste solo perché non esiste una vera alternativa. È proprio all’interno di certi nuclei famigliari che covano i mali del mondo e molti possono comprendere cosa intendo. Gli intellettuali sono spesso severi nei confronti di questi tentativi, c’è qualcosa che li disturba e forse hanno le loro ragioni. L’arte, in fin dei conti, dovrebbe darci bellezza e piacere, non dolore e molestie. Dobbiamo però prendere atto che molti autori, tra questi prenderei ad esempio Primo Levi per la letteratura, hanno dato molto all’umanità con le loro testimonianze. Senza delle opere come Se questo è un uomo, ma ce ne sono moltissime altre e tra queste inserirei anche In a Dark Dark House di Neil LaBute, l’arte e la cultura sarebbero impoverite di alcune funzioni», si legge nelle note di regia di Max Amato.

La messinscena si è concentrata sull’interpretazione degli attori, orientati verso un realismo di matrice strasberghiana. A spezzare il clima grave e opprimente della rappresentazione, la presenza in scena di Jennifer, una ninfetta del terzo millennio: estroversa e seducente, svampita e irresistibile. Nei panni della ragazza, un’impeccabile Benedetta Comito, il cui lavoro sul personaggio ci regala una figura delicata e leggera, fresca e spontanea: dalla camminata alla gesture, ogni elemento si traduce in giovinezza ammaliante.

Una nota di merito alle scene di Giulio Ciccarese e Valentina Pontieri, belle nella semplicità e curate nei dettagli. Impossibile non notare l’arbusto sospeso a mezz’aria: metafora della condizione umana, o semplice traccia di eccentricità? In a dark dark house è un testo che punta a indagare il fallimento della famiglia nella società contemporanea, e quindi il complesso mondo giovanile.

 

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Autore

Redazione

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