Il volume di Gabriel, il primo scritto in lingua italiana dall’autore, s’inserisce nel dibattito intorno al New Realism inaugurato nel nostro paese da Maurizio Ferraris. I nuovi realisti fanno della negazione del motto nietzscheano – non ci sono fatti, ma solo interpretazioni – il proprio vessillo filosofico. E Gabriel non è da meno: l’autore propone un argomento – che denomina argomento della fatticità – secondo cui noi non creiamo i fatti. Se con questi intendiamo «qualcosa di vero a proposito di qualcos’altro» (p.21) dobbiamo riconoscere che «c’è sempre una qualche verità o condizione di verità che noi non abbiamo prodotto» (p. 20). Creiamo automobili, ma non il fatto di creare automobili.
Gabriel afferma che «l’esistenza è l’apparizione in un campo di senso» (p. 28), dove con quest’ultima espressione dobbiamo intendere una «modalità di organizzazione, tale per cui qualcosa viene ad essere presentato in un modo particolare» (p. 77). Il senso che Gabriel tematizza non è altro che una liberalizzazione dello Sinn fregeano, condotta attraverso un puntuale dialogo con il padre della filosofia analitica. Questi sensi si danno – come quelli fregeani possono essere possesso comune di molti – e si danno ciascuno nel proprio campo, proprio perché noi «siamo “gettati” nel senso» (p.74). Ogni oggetto si dà attraverso una molteplicità transfinita di campi di senso: così una bottiglia d’acqua può comparire nel campo di senso della pubblicità, in quello della fisica oppure in quello dell’arte – se esposta in un museo come ready made. Tutti questi campi di senso godono dello stesso status ontologico, contro qualunque soluzione à la Quine che voglia privilegiare il campo si senso della fisica.
In breve Gabriel caratterizza la posizione da lui sostenuta come «idealista per quanto riguarda la propria concezione del senso, nichilistica riguardo al “mondo”, e realistico interna per quanto concerne l’esistenza» (p. 88). L’idealismo, scrive l’autore, non ha nulla a che fare con l’esistenza d’oggetti, bensì solo con la tesi di dipendenza di senso dall’oggettività e dall’accessibilità. Ma questa tesi non è in contraddizione con il realismo, perché «l’universo sarebbe stato accessibile, anche se nessuno avesse mai avuto accesso a un qualche elemento di esso, o a esso nella sua interezza» (p. 145). Insomma «esiste tutto, tranne l’Uno, il campo di senso onnicomprensivo o, detto diversamente, la totalità» (p. 148) – e in ciò consiste la tesi nichilista riguardo al mondo -.
Nel libro di Gabriel c’è molto di più di quanto si possa riassumere in poche righe. La profondità dell’autore e il controllo che dimostra di avere sulle tradizioni filosofiche di suo riferimento è davvero sorprendente. Una prova in più del fatto che il nuovo realismo sta accogliendo voci vivaci e interessanti nel panorama filosofico globale, a prescindere dall’adesione o dal rifiuto che si voglia accordare ai principi guida del movimento.
IL SENSO DELL’ESISTENZA
di M. Gabriel, Carocci, Roma 2012.