NOHAYBANDATRIO: “perchè a noi le cose quadrate proprio non…”

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NOHAYBANDATRIO live @ LE MURA

evento

MAINSTREAMING n.7

Line up:  

Marcello Allulli (sax/effetti), Fabio Recchia (basso/chitarra), Emanuele Tomasi (batteria/percussioni)

Genere:  sperimentale/jazz/hardcore/free

 Location:  LE MURA, Roma – 25 gennaio 2012

 Foto:  Fabio Reitano

Info:

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Ascolta – Tsuzuku

Ascolta – Giostraio rom

Il collo di un sax che emerge dalla custodia, whammy pedal, loop station, delay e altri pedali d’espressione a destra; una batteria set standard e “cose varie” disposte apparentemente alla rinfusa su di un tavolino a sinistra; al centro un rack per tastiere con basso e chitarra adagiati orizzontalmente. Uno sguardo alla backline può aiutare ad orientarsi nell’orgia sonora dei romani NOHAYBANDATRIO, che potremmo definire il trio che si crede un sestetto.

Nessun disturbo della personalità (probabilmente), ma solo la simultaneità del doppio ruolo di ciascun membro del trio, che alimenta l’entropia spazio-temporale a cui lo spettatore si sottopone volontariamente. La nostra abitudine alla classica rock ensemble ci spinge a cercare timbri diversi in diverse regioni della spazialità del palco: «là c’è il basso, dilà la chitarra…» e via dicendo. Preparatevi a rinunciare a questa come ad altre pseudo-certezze ormai date per acquisite.

Poche chiacchiere: la band sale sul palco de LE MURA e inizia a costruire vertiginosi sbalzi dinamici senza temere di abusare di cupe modulazioni discendenti, quasi a conciliare una primitiva forma di meditazione collettiva. Il momento evocativo lascia spazio ben presto a una serie di ceffoni sonori che cerchiamo di incassare traducendoli in numeri razionali, possibilmente a numeratore fisso. Ma dobbiamo rinunciare anche a questo vezzo. È come se il trio volesse lanciare una campagna di sensibilizzazione. Ne immagino lo slogan: «una delle piaghe del nostro tempo sono i danni fisici che i gigs addicted si provocano inconsapevolmente ad ogni show. Basta all’usura da sfregamento delle mani in seguito al ripetuto uso di queste per tenere il tempo su superfici più o meno piane! Basta alle lesioni da headbanging ed headspinning alle vertebre cervicali!».E così gli strumenti in campo si rincorrono seguendo percorsi dispari di cui possiamo riconoscere la regolarità solo dopo numerosi ascolti, rendendo impossibili quei movimenti ritmici del corpo.

L’imprevedibilità dei brani del trio si ripercuote anche a livello delle influenze: ritmiche funky saltellanti si accostano a sassaiole hardcore interrotte non di rado da improvvisazioni free jazz e rumori in stile Last Exit. Lo stupore non ha mai fine: “Tsuzuku” つづく concludevano gli anime giapponesi, cioè to be continued. E Tsuzuku (Zone di Musica, 2005) è il titolo del loro primo disco.

Non mi si fraintenda: non c’è alcun sensazionalismo nella ricerca sonora dei NOHAYBANDATRIO. Nei singoli brani, così come nei magistrali assolo che ogni musicista si è concesso durante il concerto, lo stupore è solo l’effetto secondario della constatazione di come la tradizionale espressività di ogni strumento possa essere contaminata, infettata e geneticamente mutata in mostri mitologici a due teste: chitarra-basso, sax-elettronica, batteria-percussioni.

Ho strappato una dichiarazione al “genio di Montesacro” Fabio Recchia: è in uscita il loro Ep a fine marzo, antipasto di un disco a cui lavorano dal 2008.

ESIBIZIONE MAIUSCOLA.

Se ti piacciono i Nohaybandatrio, leggi anche la recensione sul live dei JUNKFOOD qui

 

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