Non si uccidono così anche i cavalli?

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Dal 3 al 13 gennaio l’Ensemble Attori Teatro Due, in collaborazione con il Balletto Civile, è in scena al Teatro Argentina con lo spettacolo Non si uccidono così anche i cavalli?, nella messinscena di Gigi dall’Aglio.

Non si uccidono così anche i cavalli?

Tratto dall’omonimo romanzo di: Horace McCoy
Regia di: Gigi dall’Aglio
Con: Ensemble Attori Teatro Due e gli attori-danzatori di Balletto Civile
Traduzione e adattamento: Giorgio Mariuzzo
Con: Roberto Abbati, Alessandro Averone, Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Cristina Cattellani, Ambra Chiarello, Laura Cleri, Andrea Coppone, Paola De Crescenzo, Massimiliano Frascà, Francesco Gabrielli, Filippo Gessi, Luchino Giordana, Francesca Lombardo, Michela Lucenti, Luca Nucera, Massimiliano Sbarsi, Emanuela Serra, Giulia Spattini, Chiara Taviani, Nanni Tormen, Marcello Vazzoler, Chantal Viola
Adattamento musicale / pianoforte: Gianluca Pezzino
Clarinetto / sax: Paolo Panigari
Contrabbasso: Francesca Li Causi
Batteria: Gabriele Anversa
Voce: Carlo Massari
Scrittura fisica: Michela Lucenti
Adattamento musicale: Gianluca Pezzino
Costumi: Marzia Paparini
Luci: Luca Bronzo
Produzione: Fondazione Teatro Due
In collaborazione con: Balletto Civile

Dal 3 al 13 gennaio 2013 – Teatro Argentina, Roma

 

Un rodeo del corpo e soprattutto dell’anima. Così si potrebbe definire lo spettacolo Non si uccidono così anche i cavalli?, tratto dal romanzo omonimo di Horace McCoy e ispirato al film di Sidney Pollack, portato in scena dall’Ensemble Teatro Due per la regia di Gigi dall’Aglio al Teatro Argentina di Roma. Una rappresentazione dell’apparire, piuttosto che dell’essere.

Lo spettacolo sembra riprendere la struttura del gioco di The Truman Show, con la differenza che in questo caso i partecipanti scelgono di prendere parte alla gara-spettacolo. Un presentatore-santone americano, che elargisce sorrisi e parole melense, promette ai suoi concorrenti miracoli sottoforma di dollari e paillettes. A supportarlo, due fedeli scagnozzi: un avanzo di galera che si occupa del lavoro sporco: far rispettare le regole; e un’ infermiera sadica e inflessibile, la quale, lungi dall’aiutare i partecipanti, si diverte a spingerli verso il baratro con il suo frustino.

L’american dream si trasforma così in american nightmare con lo scorrere del tempo. Ogni coppia, abbagliata dal miraggio del successo e dal premio in denaro, è pronta ad affrontare qualsiasi tipo di sfida, non curante in alcuni casi delle proprie difficoltà fisiche, arrivando perfino a degradare il proprio corpo e la propria mente in un postribolo di depravazione e accattonaggio. La dimostrazione che l’inferno è lastricato di buone intenzioni si palesa con la distribuzione di spuntini durante le brevi pause – durante le quali i concorrenti sono costretti a non abbandonare le danze – e la possibilità di riposare su di un sudicio giaciglio per provare a corroborare almeno in parte lo spasmo dei muscoli del corpo. Il tutto è condito dalla musica che accompagna passo dopo passo i partecipanti alla gara.

La rappresentazione mantiene livelli estremamente elevati, con punte di eccellenza: gli attori riescono ad ammaliare in maniera equilibrata e coinvolgente – senza tralasciare il senso dell’assurdo di ioneschiana memoria – tutto il pubblico, rendendolo parte integrante dello spettacolo. L’intuizione registica di destrutturare il luogo teatrale originario per creare una sorta di sala da ballo/talk show televisivo in cui lo spettatore ha entra a far parte della scena – con la possibilità di agire attivamente lanciando delle monetine ai partecipanti – ha permesso un’intensificazione dell’azione drammatica. La scenografia molto ben realizzata e complementare allo spettacolo. Di grandissimo effetto l’esecuzione musicale: una piccola band situata, non a caso, sotto la scritta «Dance will set you free», degna di un campo di sterminio. Tutti gli elementi hanno reso lo spettacolo ancora più affascinante. Un progetto non semplice e ambizioso, ma che in questo caso ha colpito il bersaglio.

 

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Redazione

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