NORMALI ESISTENZE A META’

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L’immobilità sospesa in relazioni complicate e allo stesso tempo così banalmente usuali, destinate a rimanere in bilico in un tempo mai pienamente abitato. La scrittura lineare, semplice e diretta di Brock Adams mostra le atmosfere di un’America frammentata in innumerevoli serie di vite che si intrecciano, rimanendo instabili nella loro abitudinaria stasi.

Tema chiave è l’incomprensione, vissuta da personaggi incapaci di rapportarsi al rischio e al tentativo di rinascita che l’altro da sé mette loro a disposizione. Le scelte mancate per inerzia rivelano l’umana incompetenza nel riattivare se stessi a partire dall’intimità di un’emozione nascosta. Il fastidio nei confronti del mondo si affianca a tradimenti e separazioni di coppia, all’interno di una gamma di sentimenti che lascia al lettore l’impressione di una disgregazione destinata a non ricomporsi mai nello spazio emotivo dei singoli, sempre sottomessi alla frustrazione, all’inattività esasperata.

Storie di sofferenza, vite andate in rovina. Non si tratta di un’immedesimazione in rapporto agli episodi, bensì agli stati d’animo, a cui allude abilmente Adams attraverso la scrittura chiara e naturale che lo contraddistingue.

Il ricordo appare il mezzo per ricomporre i passaggi di una vita autentica appartenente al passato, impossibile da recuperare se non tramite uno sforzo che i protagonisti rifiutano. Si percepisce un continuo richiamo a quei sentimenti che non si ha proprio voglia di vivere e che restano incastrati nella paura del cambiamento, soprattutto quando essi non scadono nell’eccesso cieco, senza via di fuga.

Il problema di individuare la propria identità in una confusione omologatrice e invadente sembra evocare, da lontano, una natura scomparsa dentro realtà mai comprensibili fino in fondo, maligne, distanti, indifferenti. Gli uomini delle storie di Adams non vivono all’insegna della naturale leggerezza, ma si appesantiscono con cieca chiusura di fronte alle scelte importanti, che la vita presenta loro. Per questo i racconti non hanno mai un finale definito, ma lasciano un senso di incompletezza parallela alla resistenza dei personaggi, di rado in grado di esprimere con spontaneità le sensazioni che provano; la noia quotidiana li trascina in un vortice che sempre più rivela la radicata incapacità di lasciarsi andare in balia di desideri incalcolabili. Così la decisione pragmaticamente più giusta diventa per molti dei protagonisti l’unica strada da percorrere, la sola ad assicurare un’apparente sopravvivenza.

Eppure una possibilità resta: iniziare ad avere maggiore consapevolezza, recuperando quell’ingenuo stupore di fronte alla bellezza che li circonda, una purezza infantile scaturita da ricordi semplici in grado di contenere paure e desideri nascosti. Un sorriso sfuggente dalla passeggera dell’auto a fianco, che per un bambino diventa espediente per ascoltare la sua immaginazione intrappolata, o un uomo ormai adulto, che sceglie di superare il dolore di un tradimento scoperto e dopo tempo ritrova l’amore per sua moglie nella naturalezza di stringerle la mano sotto il tavolo o rimboccarle la coperta mentre dorme.

Adams trasforma i suoi personaggi, dà loro la possibilità di un riscatto proprio a partire dalla banalità in cui sono immersi, concede loro di pesare in modo nuovo i gesti che caratterizzano le loro giornate apparentemente vuote e fin troppo normali, rivolgendosi direttamente a tutti. Solo così, lettore, potrai goderti la meraviglia, sorprenderti di come un barattolo di zuppa Campbell, una volta vuotato per alimentare la sciatteria di uno scapolo, da semplice contenitore di cibo in scatola sia in grado di diventare uno scrigno dove mettere «dentro te stesso. Ci puoi infilare le cose che non entrano in nessun altro posto, la perdita, la gelosia e la rabbia. Se lo desideri con molta forza può contenere i tuoi figli, dovunque siano e i tuoi genitore, se fossero vivi, e gli amici e le feste e ogni cosa che era tua […]».

COSE CHE PUOI FARE CON UN BARATTOLO DI ZUPPA CAMPBELL

di Brock Adams, Round Robin, Roma 2009,

Foto Gregory Crewdson Untitled, Summer 2004,

(copyright: Courtesy of the artist and Luhring Augustine, New York).

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Webmaster - Redattore Cinema

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