Nymphomaniac Vol. II, di Lars Von Trier, Dan/Ger/Uk/Bel, 2013, 200′ Produzione: Zentropa Distribuzione: GoodFilms In uscita nelle sale cinematografiche il 24 Aprile
Avevamo lasciato Joe finalmente con Jerome, alle prese con quell’ingrediente segreto che la sua amica le aveva rivelato. L’amore poteva essere la chiave per trovare finalmente un equilibrio nella sua vita? Una soluzione fin troppo lieta che invece si scontra con una realtà ben più amara. Proprio nel momento in cui la protagonista sembra aver conquistato la tanto agognata serenità, si trova ad affrontare l’ostacolo più grande. La perdita del piacere. Così ricomincia il racconto della donna e prosegue nella seconda parte di Nymphomaniac. Tenendo fede ai presupposti la seconda parte rappresenta la parabola discendente della storia di Joe, disposta a tutto pur di ritrovare quel piacere che sembra essere, nella sua vita, l’unica forma di autenticità che riesce a trovare.
A poco servono un marito, una famiglia o un lavoro. La borghese tenuta familiare la vede aggirarsi per casa inquieta, come un animale in gabbia, costretta a reprimere la sua natura in favore di un’apparente quiete che non esiste. Accentuando i toni più cupi, senza mai fare a meno della sua intelligente goliardia, Von Trier, come Caronte, trasporta lo spettatore attraverso gli ultimi disperati capitoli, continuando a mescolare insieme digressioni e metafore in un divertito mosaico che nella parte finale subisce una brusca virata con l’introduzione di una pistola nel racconto.
Se in un romanzo compare una pistola, bisogna che spari. Così scriveva Murakami citando Cechov. Von Trier nell’ultimo atto del suo giocattolo poliedrico sembra averlo preso alla lettera trasformando Nymphomaniac in un thriller atipico. Una risoluzione ardita, eppure coerente, che si esprime in pieno solo nel finale. Lì la sua goliardia esplode, letteralmente, con una scelta forse non del tutto condivisibile, ma in linea con la sua istrionica natura. A giochi fatti Nymphomaniac forse può lasciare deluso chi si aspettava un film più denso e profondo. Dall’altra parte Von Trier affronta il tema con sfrontata leggerezza, spiazzando gli spettatori e creando un incastro equilibrato, costruito con intelligenza prima ancora che con irriverenza. Paradossalmente Nymphomaniac è uno dei film più onesti del regista danese: esonerato da generi e oneri si lascia andare per il semplice gusto della buona scrittura all’ennesima dimostrazione del suo grande talento.