Proiettando l’essere umano nello spazio e riportandolo poi sul pianeta Terra, Barry Malzberg, in Oltre Apollo, cerca di rappresentarne la condizione di disagio nel mondo contemporaneo. Smarrito tra gli astri, l’Uomo si dimostra altrettanto disorientato in quello che dovrebbe essere il suo habitat naturale.
Titolo: Oltre Apollo
Titolo originale: Beyond Apollo
Autore: Barry Malzberg
A cura di: Riccardo Gramantieri
Editore: Mimesis
Anno Edizione: 2012
Harry Evans ha passato gli anni appena trascorsi a essere programmato per la funzionalità e il successo. Dalla iniziale partecipazione al progetto aerospaziale alla vita da recluso nell’Istituto, passando per la carcerazione volontaria nell’astronave in viaggio verso Venere, Evans è stato programmato ad affrontare situazioni di estremo disagio e sforzo, sia psichico sia fisico.
Immerso in una sorta di inconscia paranoia concentrazionaria, Harry Evans si trova a essere il caso esemplificativo della mania di controllo della società contemporanea. Il controllo subìto, esercitato da microfoni e telecamere, da medici e infermieri, da macchinari di varia natura, ma anche, e soprattutto, un tipo di controllo auto-imposto rendono l’essere umano una sorta di cavia da laboratorio perennemente da addomesticare.
La coercizione esercitata dalla continua sorveglianza incide, ovviamente, sui rapporti interpersonali. Nulla è spontaneo. Tutto è pianificato o da pianificare, tanto che l’intera narrazione, scandita da una catena di 67 brevissimi capitoli, ruota attorno al tentativo di spiegare l’unico avvenimento non prefissato della vita del protagonista. Ogni relazione che viene stabilita deve rispondere a un disegno pregresso: persino l’atto sessuale finisce per essere solo la messa in pratica di un progetto ingegneristico, come messo in evidenza anche dal curatore dell’edizione Mimesis, Riccardo Gramantieri.
In questa asfissiante prospettiva non trovano posto figure femminili: le donne, le mogli, sono soggetti passivi, da prendere e utilizzare, malleabili e facilmente convincibili a prestarsi agli scopi maschili. Né tanto meno è data la possibilità del fallimento: tutto deve poter essere calcolato e ricontrollato, così come ogni errore passato ha l’obbligo di poter e dover essere corretto.
L’uomo Evans è dunque una mera struttura di pistoni e valvole, controllato da telecamere e microfoni e auto-controllato dalla sua stessa psiche, ormai incapace o quasi di agire al di fuori degli schemi che gli vengono imposti o che esso si impone. Ciò che si sta realizzando è l’immagine di un uomo macchina incapace di distinguere, anche nella sua propria esistenza, tra verità e finzione, tra istinto naturale e stimolo indotto.
Persino quelle che, al lettore, appaiono come le confessioni più intime e spontanee del protagonista si rivelano invece sempre e solo gli esiti, al contempo tanto possibili quanto inevitabili, di un’accurata pianificazione pregressa. Ogni accadimento di questo mondo è solo il punto d’arrivo di una linea già tracciata.
La costante commistione tra il reale e l’immaginario, tra la progettazione e la creazione, lascia emergere lo spaesamento dell’essere umano contemporaneo, perennemente sottomesso ai suoi stessi piani ma continuamente in cerca di un’evasione da essi, forse ancora possibile.