Omaggio a STEVEN SPIELBERG: E.T. L'EXTRATERRESTRE

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Regia Steven Spielberg

Soggetto Steven Spielberg

Sceneggiatura Melissa Mathison

Produzione Universal Pictures (USA, 1982)

Fotografia Allen Daviau

Musica John Williams

Montaggio Carol Littleton

Scenografia James D. Bissel

Effetti speciali Carlo Rambaldi

Con Henry Thomas, Drew Berrymore, Dee Wllace-Stone, Robert MacNaughton, Peter Coyote, Christopher Thomas Howell, Sean Frye, K.C. Martel

Durata 115’

Tutti i bambini dovrebbero vedere, almeno una volta, E.T. l’Extraterrestre, celebre pellicola dell’indiscusso Steven Spielberg. A conti fatti, credo che anche tutti gli adulti debbano vederlo, in parte per ciò che trasmette, in parte perché con la sua magia unica e commovente fa ritrovare quell’innocenza tipica dei bambini che troppo a lungo passa inascoltata nella razionalità di un mondo frettoloso e sordo ai problemi altrui.

Elliot (Henry Thomas), un bimbo di nove anni che si sente trascurato dai propri genitori, incontra un piccolo alieno abbandonato per errore sulla Terra. Tra i due nasce un’amicizia che li lega profondamente fondendo le loro percezioni e i loro sentimenti. Elliot  tenta di aiutare E.T. a comunicare con i suoi genitori quando, improvvisamente, scatta una caccia all’alieno da parte dei federali e, mentre il tempo stringe, la vita, a causa della lontananza dal proprio pianeta,  comincia ad abbandonare il corpo della creaturina

L’amore di Spielberg per l’idea che è alla base di E.T. ha radici profonde, dal momento che l’autore, ancora bambino, aveva adottato come amico invisibile un alieno quando i suoi genitori si erano separati. Durante la produzione del primo capitolo della saga di Indiana Jones, I Predatori dell’Arca Perduta, Spielberg riprese l’idea di realizzare un film che raccontasse la storia dell’amicizia tra un bambino umano e uno alieno.  Il risultato fu un capolavoro di grazia e purezza; il mondo, visto dagli occhi dei due bimbi, entrambi dimenticati dai propri genitori, diventa un inno ai valori perduti della gioventù, quando anche andare in bicicletta, con il vento nei capelli e il sole in faccia, donava un senso di immortalità e gioia assoluta. Al pari di Gesù, l’alieno scende sulla Terra con il suo messaggio di amore per la vita e rispetto per le creature viventi (innegabile il messaggio ecologista), insegna e apprende e, dopo un’apparente morte, risorge avvolto in un candido sudario riportando la speranza. Il mondo degli adulti è visto perlopiù come ostile ed estraneo, nella prima metà del film tutti gli adulti si vedono dalla cintola in giù, ad eccezione della madre di Elliot, assunta a simbolo biblico di grazia e redenzione.

L’  alieno, realizzato da Carlo Rambaldi, padre di Alien e King Kong, è una creatura grinzosa e bruttina, ma impossibile da non amare. Il suo volto è la fusione tra quelli di Einstein, Sandburg, Hemingway e il gatto di Rambaldi stesso, un persiano. Animato da servomotori o da nani che ne vestivano l’aspetto, non doveva apparire di belle sembianze, per rendere ancora più profonda la tematica dell’accettazione del diverso. Illuminato da una bellissima fotografia, opera di Allen Daviau, vinse, tra altri importanti premi, l’Oscar per gli effetti speciali. Particolare attenzione va data alla colonna sonora, tra le più belle e indimenticabili di John Williams, che, con i suoi bellissimi fiati e archi, dona alla pellicola la malinconica e bellissima sensazione di ripensare alla propria infanzia lontana negli anni. Tra gli attori, quasi tutti bambini, spicca una piccolissima Drew Barrymore, che verrà lanciata dal film nel mondo hollywoodiano.

E.T. è un film poetico, commovente e divertente che insegna la fondamentale e abissale differenza fra l’accettare e il tollerare. Dove la tolleranza prevede una superiorità in una delle due parti, e quindi una concessione, l’accettazione avviene su piani uguali, creando uno scambio e una compenetrazione di diversità: così dimostrano Elliot ed E.T. , le cui differenze si fondono in un meraviglioso insieme che supera il valore dell’unità e che dà luogo al sentimento più potente, insondabile e profondo dell’esistenza.

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