Al teatro dell’Orologio, nell’ambito del Festival Inventaria, il 20 e il 21 maggio, è andato in scena Padroni delle nostre vite, monologo con attori virtuali scritto e interpretato da Ture Magro, ispirato dalla vera storia del primo testimone di giustizia della storia dell’antimafia Pino Masciari e della moglie Marisa.
Padroni delle nostre vite
Testo: Ture Magro, Emilia Mangano Regia: Ture Magro Con: Ture Magro Attori Virtuali: Cosimo Coltraro, Emanuele Puglia, Fiorenzo Fiorito, Gabriele Arena, Stefano Brivio, Rosario Minardi, David Marchese, Alfio Zappalà Progettazione Scena: RM Architettura Scenografia: Rosario Magro, Pippo Magro, Andrea Salomon Scenografia set video: Dimitri di Noto Produzione: Sciaraprogetti Produzione video: StudioNois Postproduzione: Bruno Urso, Fabrizio Urso Fotografia video: Giuseppe Consales Sonorizzazione: Michele Musarra
20/21 maggio 2013 – Teatro dell’Orologio
“Alla ‘Ndrangheta non ci si ribella” dissero a Pino Masciari “e chi lo fa paga“. Lui non soltanto li sfidò, denunciandoli nel 1994, ma diventò anche il primo testimone di giustizia della storia della Calabria e del paese, nonché principale testimone del maxi-processo Mangusta 2, che mise in luce la struttura della malavita delle quattro province. Da quel momento la vita di Pino si trasformò in una salita al calvario. Era un imprenditore che dava lavoro e sicurezza a un centinaio di persone nel comparto edile; si ritrovò prigioniero di un potere, politico e giudiziario, che non lo sopportava più di quanto l’amasse, perché, diceva Leopardi, il popolo italiano “non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina“. Padroni delle Nostre Vite è la ricostruzione di questo dramma sulla fatica e sulla verità in forma di monologo con attori virtuali.
Oramai superata la settantesima replica, l’attore Ture Magro interpreta Masciari completamente solo, sotto una luce solitaria che cala dall’alto e lo preserva dall’oscurità totale nella quale è immerso il teatro. L’ombra sul suo volto è calda, sa di fatica che invecchia e di umanità. Gli ‘ndranghetisti invece compaiono sugli schermi, virtuali, bidimensionali, anche loro caratterizzati da un ombra particolare, ma stavolta fredda, disumana e immobile. E così i poliziotti del NOP (nucleo operativo di protezione), il questore, i politici, i carabinieri della scorta colpevoli di strani ritardi non sono che macchie nere dalle forme inconsistenti e sinistre. Questi fantasmi popolano via via la storia, spaventosi solo perché visti di fronte, come una maschera demoniaca sotto la quale si nasconde un bambino ferito.
Se in una notte serena puntassimo il telescopio sulle stelle più luminose, le scopriremmo accompagnate da una piccola gemella. Ad essa devono molta della loro luce, sebbene ad occhio nudo sembrino tutt’uno. A ben vedere, ciò si verifica anche per i grandi uomini. Uno dei loro più vasti depositi di energia e coraggio è la donna che hanno al loro fianco. Tramite il solo ricordo innamorato, la moglie di Pino, Marisa, guadagna bellezza e forma, pur rimanendo parola, mentre un solitario fascio di luce illumina la scena. Una luce rossa e rassicurante che trascina, unica nota di poesia in un susseguirsi agghiacciante.
Il movimento e la frenesia delle parole di Ture Magro si fanno sempre più sostenuti, la voce si aggrava e si fa rabbiosa, mentre il tempo dello spettacolo si straccia. Preso di mira negli scambi sincronizzati con gli schermi, Pino si sfianca. La sua domanda, un grido disperato – perché? – non trova risposta in un universo che lo considera criminale per aver provato a dire la verità, a denunciare. Neanche al giorno d’oggi, Pino può tornare nella sua terra e lavorare come imprenditore. Se ci si vuole fare un’idea dell’Italia collusa e delle trattative stato-mafia, la testimonianza di Padroni delle nostre vite ce ne da modo; un monologo sulla voce e sul silenzio, in un teatro semivuoto simile al parlamento nel discutere di leggi antimafia. A noi, ultima generazione uscita dal secolo breve, da occasione di vedere ritratto il paese dove siamo nati e l’atmosfera che abbiamo percepito quando siamo venuti alla luce.
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