Al MedFilm Festival, svoltosi alla Casa del Cinema dal 19 al 28 ottobre 2012, è stato presentato come Omaggio al curatore, nella sezione Doc Open Eyes, l’ultimo documentario di G. Pannone: Scorie in libertà.
Scorie in libertà – L’incredibile avventura del nucleare in Italia -, di G. Pannone, 73’, Ita 2012
Soggetto: Marco Fiumara e Gianfranco Pannone
Montaggio: Tommaso Valente
Fotografia: Tarek Ben Abdallah
Suono: Marco Fiumara e Marco Saverioni
Musiche: Daniele Sepe
Produzione: Effetto Notte, in collaborazione con Blue Film e First Life
Distributore: kimeraFILM
Con il patrocinio di: Legambiente
Dopo Piccola America (1991) e Latina/Littoria (2001) il documentarista G. Pannone, professore al Dams dell’Università degli studi di Roma Tre, ritorna nella sua città natia per indagare gli effetti del nucleare nella zona.
12 e 13 giugno 2011. Un referendum blocca la costruzione d’impianti che consentano la produzione di energia nucleare. Non tutti sanno, però, che nel 1963 fu costruita nei pressi di Borgo Sabotino, frazione del comune di Latina, la prima centrale nucleare italiana. A essa fu affiancata, anni dopo, un reattore sperimentale mai entrato in funzione: il Cirene. La centrale fu chiusa dopo i referendum abrogativi del 1987.
Il documentario è una sorta di diario-film in cui Pannone – già attivo anti-nuclearista affascinato e influenzato dal libro The Closing Circle di B. Commoner negli anni ‘80 –, attraverso una serie di testimoni quali un medico, un professore, un “quasi ingegnere nucleare”, un biologo, un pittore e persone del posto, tenta di indagare l’impatto che il nucleare ha avuto sull’economia, sull’ecosistema pontino, sulla salute delle persone.
Se da una parte, negli anni ’60, l’avvento del nucleare fu una manna dal cielo – anche grazie al boom economico – soprattutto per i cosiddetti coloni e pionieri venetopontini, dall’altra parte Pannone osserva l’eccesso d’incidenza dei tumori della tiroide, le mutazioni di alcuni pesci, detti “cinesi” a causa della loro spina bifida, i rischi dettati dall’estrema vicinanza tra il poligono di tiro e la centrale.
Nelle interviste che il regista fa alla gente del posto si nota come il rischio nucleare, ancora oggi presente, sotto forma di scorie e di malattie, sia sottovalutato, quasi taciuto. C’è una sorta di pericolosa incoscienza comune a cui si oppongono poche persone.
Pannone pone, inoltre, una domanda essenziale ai fini del discorso: la centrale nucleare fu costruita a Latina perché era una città sorta dal nulla e priva di storia oppure quell’opera, fortemente voluta a quel tempo, nacque come una precisa conseguenza della stessa storia?
Il regista osserva come nella zona pontina ci sia stata, nel dopoguerra, una forte influenza anglo-americana costituitasi dopo lo sbarco degli alleati. Lo stesso reattore di Borgo Sabotino è stato costruito con l’aiuto di una società britannica. Pannone ipotizza così che il Cirene non fu mai fatto partire per paura che l’Italia potesse vendere il nucleare ad altri paesi. Una conspiracy theory suggestiva e che non deve essere di certo sottovalutata.
Oltre al nucleare sono numerosi i problemi che affliggono la zona, come, per esempio, la discarica a cielo aperto ai limiti della praticabilità e l’aumento dell’infiltrazione della camorra e della ‘ndrangheta.
Il grande merito di Pannone sta nell’analizzare, in maniera dettagliata e con un pizzico di sana ironia, tutte le componenti presenti sul territorio, sia quella ambientali, sia quelle sociologiche, sia quelle politiche. Il risultato è evidente: in Italia c’è una costitutiva mancanza d’idee chiare sul nucleare che va a braccetto con il problema dello smaltimento delle scorie radioattive e di quelle culturali, le più pericolose.
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