Nell’aula VII di Villa Mirafiori ha avuto luogo la presentazione del libro Parole chiave della nuova estetica, curato da R. Finocchi, e D. Guastini. Oltre ai due autori, alla presentazione è intervenuto anche P. Montani. Il filo conduttore del libro è l’analisi delle diverse forme di estetizzazione del quotidiano, dei media e delle tecnologie in cui esse si realizzano. Finocchi focalizza, in primo luogo, l’attenzione sulla continua stimolazione e sollecitazione della sensibilità, definita un iper-sentire, ovvero una produzione straripante d’immagini generatrici di schemi percettivi e orizzonti di senso, che, invece di allargare le nostre possibilità di esperienza le canalizzano, le indirizzano, le uniformano, determinando, in tal modo, un impoverimento, una anestetizzazione della sensibilità. L’iper-stimolo produce un’esperienza preordinata, un mondo, come dice Finocchi, già esperito secondo schemi precostituiti. Come tale esso richiede un minore sforzo interpretativo e si presenta come più sicuro, meno esposto all’incertezza e alla contingenza.
Questa sovrabbondanza di stimoli, che non si era mai verificata prima d’ora, questa costruzione di una vera e propria realtà artificiale, concepita come una realtà aumentata, ha quindi come effetto un impoverimento del sentire, sempre meno aperto all’imprevisto e a tutto ciò che sta al di fuori della programmazione dell’esperienza.
Segue poi l’intervento del professor Guastini, che, riformulando la questione dal punto di vista dei mutamenti della tecnica e del modo in cui essi hanno condizionato e modificato la sensibilità, mostra come il progressivo affermarsi della produzione seriale abbia reso la percezione dell’identità tra oggetti un’esperienza ormai talmente diffusa nella nostra contemporaneità, da accompagnarsi al suo corrispettivo: ovvero la difficoltà di riconoscere le differenze. Ad esempio, le differenze tra un oggetto e la sua immagine, tra la realtà e la finzione.
Questa trasformazione della sensibilità, derivante dalla Rivoluzione Industriale, ha avuto come riscontro, in campo filosofico, la perdita d’importanza del soprasensibile, che, a partire da Platone, era stato il luogo per eccellenza dell’identità, contrapposto alla molteplicità del mondo empirico. La concezione di un mondo vero intelligibile e trascendente, di cui la Natura è una copia, riservava alla tecnica una funzione meramente mimetica fondata sui criteri della imitazione e della somiglianza. Il progressivo abbandono di questo punto di riferimento metafisico, realizzato inizialmente nell’agnosticismo, è, come notato da Hans Jonas, la base teologico-politica della nuova prassi tecnologica che assume un carattere creativo e produttivo fondato sull’identità e sull’uniformità delle cose sensibili. Questa attitudine all’uguaglianza riduce tuttavia la nostra capacità di comprendere l’eterogeneità, l’unicità e l’irripetibilità, ma anche l’incidentalità e l’imprevedibilità, avendo quindi come esito l’estetizzazione del quotidiano.
Domanda da porsi è quanto l’esperienza del soggetto riesca ad essere predeterminata entro schemi stabili, duraturi, rassicuranti; in altre parole quanto l’estetizzazione riesca a produrre un mondo più sicuro, più uniforme, preordinato, meno esposto all’incertezza. Si potrebbe pensare, piuttosto, che siano proprio la molteplicità e la sovrabbondanza degli stimoli a dirigerci verso un mondo sempre più mutevole, incoerente, difficilmente ordinabile e interpretabile, in cui uno dei maggiori problemi della sensibilità sembra essere proprio la difficoltà di elaborare un senso.
PAROLE CHIAVE DELLE NUOVA ESTETICA
a cura di R. Finocchi e D. Guastini,
editore Carocci, Roma, 2011.