All’Asiatica Film Mediale, Sabato 13 Ottobre è stato proiettato Parviz. In sala era presente anche il regista Majid Barzegar, che racconta uno spaccato del suo paese, l’Iran, attraverso gli occhi delle persone umili. Il film ha vinto il Premio Netpac 2012.
Parviz, di M. Barzegar, 105′, Iran 2012
Sceneggiatura: Hamed Rajab,Bardia Yadegari, Majid Barzegar
Fotografia: Amin Jafari
Montaggio: Javad Emami
Suono: Mehran Malakouti
Produzione: Saeed Armand
Lingua: Iraniano
Formato: Hd
Interpreti: Levon Haftvan, Homeira Nonahali, Mahmoud Behrouzian
Fin dai primi fotogrammi il balzo ad Est è immediato: natura, cibi, arredamenti, tutto sa di esotico in Parviz, titolo che riprende il nome del protagonista, un uomo grasso che si presenta dimesso e modesto nelle sue azioni quotidiane. Di lui conosciamo subito il lavoro umile, l’espressione bonaria e rassegnata, e soprattutto la solitudine. Di giorno se ne sta nella sua sedia in lavanderia, aspettando che il padrone gli assegni qualcosa da fare, poi torna casa con le buste della spesa, cucina silenzioso e pranza con suo padre che gli rivolge soltanto rimproveri. Parviz fa pena. Tutto sa di malinconico nella sua vita, un’esistenza sopravvissuta e mai compresa appieno. Immediati sono i parallelismi con se stessi, istantaneo il senso di rifiuto per quell’immobilità priva di amore. In quei minuti si prova solidarietà per quest’uomo incompreso, brutto di aspetto e che, s’intuisce, nessuno ha mai davvero amato.
Quando poi suo padre si risposa e lo caccia di casa Parviz perde anche quei piccoli lavoretti di cui andava tanto fiero. Lo spettatore allora comincia seriamente a sperare in una rivincita per quest’uomo silenzioso e tanto sfortunato. Ed improvvisamente la rivincita arriva, inattesa e destabilizzante: dopo anni di taciti soprusi, Parviz si incattivisce. Anche lui sembra sviluppare un feroce rifiuto per la vita crudele cui era stato relegato e si vendica tanto violentemente da provocare disgusto. Ma la comprensione per lui non viene mai del tutto meno: sempre latente è, infatti, quel senso di abbandono che lo ha lacerato e che lo porta a comprendere anche il più infido dei suoi gesti, pur condannandolo razionalmente. E quando si è ormai convinti che l’epilogo sarà drammatico, Parviz ritrova la calma perduta e impara a far valere le sue parole. Partono i titoli di coda sulla sua vittoria: dopo quasi 50 anni riesce a farsi ascoltare.
Parviz fa riflettere su molteplici aspetti e soprattutto invita a riscattarsi. In particolare, la condizione in cui si trova l’uomo fa meditare sulla necessità di apprezzare sempre quel poco che si ha, perché potrebbe venire meno in qualunque momento: egli è solo, viene completamente abbandonato e perde qualunque cosa, compresa la dignità. Scena dopo scena, il datore di lavoro sottolinea la mancanza di carattere che Parviz ha avuto per tutta la vita, suo padre lo intima di vergognarsi per l’esistenza vuota che conduce, ed allora apprendiamo che forse non è tutta colpa del mondo se quest’omone infelice è arrivato a un punto simile. Forse da giovane avrebbe dovuto coltivare qualcosa di solido su cui poggiarsi in età adulta, di sicuro ha una gran colpa per essersi lasciato abbrutire, da qui la voglia di lottare per risalire. Paradossalmente, alla fine del film si prova pietà mista a rabbia per il protagonista, caricatura umana di chi ha scelto di accettare il proprio ruolo secondario accorgendosi troppo tardi che nella vita avrebbe potuto esserci una scelta anche per lui, se solo l’avesse voluto.
1 commento
Film davvero molto bello e interessante la recensione