Pellicole di Neve e Ghiaccio: LA COSA

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Regia John Carpenter

Sceneggiatura Bill Lancaster

Fotografia Dean Cundey

Montaggio Todd C. Ramsay

Musiche Ennio Morricone

Scenografia John L. Lloyd

Trucco Rob Bottin

Effetti speciali Roy Arbogast, Albert Withlock

Casa di produzione Universal

Interpreti Kurt Russell (R.J. MacReady), Wilford Brimley (Dr. Blair), Keith David (Childs), Donald Moffat (Garry), Charles Hallahan (Vance Norris), T.K. Carter (Nauls), Richard Dysart (Dr. Coopeer),

Durata 96 min.

Anno 1982

Antartide. Un elicottero con a bordo due ricercatori norvegesi insegue quello che, a prima vista, sembra essere un Siberian Husky. Lo rincorre, gli spara, cerca di ucciderlo. Nella distesa di neve e ghiaccio il cane volge i propri occhi, freddi e intraducibili alla parola, verso l’elicottero, verso di noi: il suo sguardo è raziocinante. Al terzo minuto del film, siamo già consapevoli che quell’Husky sarà portatore di sventura per chiunque lo incontrerà. Preda e predatori arrivano nelle vicinanze del campo americano U.S. Outpost # 31. Il fracasso e gli spari attirano fuori gli operatori statunitensi; i due ricercatori sono scesi a terra… Mentre il primo rimane ucciso dallo scoppio di una bomba a mano, il secondo comincia a sparare all’impazzata, colpisce un americano e, a sua volta, rimane ucciso da un colpo di pistola. L’Husky si rifugia così presso la base. Sembra essere già l’epilogo.

Oramai salvo, egli viene messo insieme agli altri cani della base in una gabbia. Passano pochi minuti e l’Husky si apre come uno scrigno viscerale che contiene in sé un altro essere, una cosa. Ella attacca gli altri cani cercando d’inserirsi all’interno dei loro corpi. Soltanto l’intervento dei membri della base porrà fine a questa scena straziante. Decisi a dare una spiegazione all’accaduto, MacReady e il Dr. Cooper si dirigono con il loro elicottero verso la base norvegese; qui troveranno la comitiva scandinava sterminata e un sarcofago di ghiaccio aperto. I norvegesi hanno resuscitato, infatti, dopo più di cento mila anni d’ibernazione, quella cosa, agghiacciante corpo mutevole extraterrestre che, come un virus, è entrato all’interno della base statunitense mettendo a repentaglio non solo la vita dei ricercatori, ma l’esistenza dell’intero genere umano…

La cosa di J. Carpenter non è cordiale e simpatica come l’extraterrestre di S. Spielberg, E.T., film uscito nello stesso anno. La capacità perspicua della Cosa è quella d’inserirsi nei corpi viventi, d’invaderli per imitarli perfettamente dal loro interno; la Cosa non è ospite, bensì invasore. Il risultato della sua imitazione non è una copia conforme all’originale, ma una copia identica all’originale, al reale: simulacro. La cosa è dispositivo annichilatorio di clonazione tendente alla distruzione intestina del corpo clonante.

La Cosa si presenta sempre nelle vesti altrui, è irrappresentabilità carnale e, nello stesso istante, etero-rappresentazione corporale; essa può disvelare la propria fisicità, come avviene nella scena finale, solo come sostrato multiforme degli esseri che ha incarnato. Nella morte di alcuni operatori del campo americano, possiamo notare come alla visibilità della Cosa corrisponda una fisiologia dell’umano grottesco e fantastico – il ragno dalla testa umana, Palmer cannibale, le fauci nello stomaco -. La Cosa è singola e plurale, nel momento in cui imita il vivente ha l’attitudine ad accedere a qualsiasi corpo senza abbandonare l’organismo precedentemente imitato… La cosa diventano Le cose.  

Da una fisiognomica puramente parassitaria passiamo così, con la Cosa, a una struttura spettrale e camaleontica in cui si cela, oltre all’abilità di mimetizzarsi, una creatività mimetica iper-rappresentativa limitante, da percepire come identificazione plasmante di un individuo già esistente. Il gruppo statunitense, con le tensioni portate all’acme dall’impossibilità di distinguere l’extraterrestre dall’essere umano che la Cosa stessa sfrutta, e accerchiato dalla paura che essa possa nascondersi in qualsiasi Altro presente di fronte a noi, si frantuma.

Basato sul racconto Who goes there? di J. W. Campbell, da cui già H. Hawks aveva tratto il film La cosa da un altro mondo, il film di Carpenter è divenuto in breve tempo uno dei cult horror per la sua atmosfera angosciante, creata anche attraverso le musica di E. Morricone e per il contrasto tra le distese di ghiaccio antartico e gli ambienti asfittici, quasi claustrofobici, della base americana. La personalità di Kurt Russell, uno degli attori preferiti dal regista – i due hanno collaborato assieme in Elvis, il re del rock (1979), 1997 Fuga da New York (1981), Grosso guaio a Chinatown (1986) e Fuga da Los Angeles (1986)-, si scontra con la paura e la lucida follia di alcuni membri del gruppo. Il finale assumerà così i contorni di un tête –à- tête in cui rassegnazione, spirito di sopravvivenza, razionalità ed emotività si fonderanno con gli elementi vitali/mortali del ghiaccio e del fuoco.

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Autore

Lorenzo Cascelli

Ho conseguito la Laurea Magistrale in Estetica nel 2012 con una tesi su "The Tree of Life" di T. Malick e "Melancholia" di L. von Trier presso il dipartimento di Filosofia dell'università "La Sapienza" di Roma. Caporedattore prima di Arte e Libri e poi di Cinema presso Pensieri di Cartapesta, da Aprile 2014 sono direttore editoriale di Nucleo Artzine.

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