Pellicole on the road: LA GUERRA E' FINITA

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La Guerre est finie, Francia, Svezia, 1966

Durata 120’

Regia Alain Resnais,

Sceneggiatura Jorge Semprun

Montaggio Eric Pluet

Fotografia Sacha Vierny

Musiche Giovani Fusco

Produttore Alain Queffelean

Casa di produzione Sofracima, Europa-Film

Interpreti Yves Montand (Diego), Ingrid Thulin (Marianne), Michel Piccoli (primo ispettore), Geneviève Bujold (Nadine), Jean Dastè (il responsabile), Jean-François Remi (Juan), Jean Bouise (Ramon)

Riconoscimenti Premio Louis-Delluc nel 1966

«L’infelice Spagna, la Spagna eroica, la Spagna tutto cuore, ne ho fin sopra ai capelli. La Spagna è diventata la buona coscienza lirica della sinistra, un mito per vecchi combattenti. Intanto milioni di turisti passano le vacanze in Spagna. La Spagna è oggi il sogno di turisti o la leggenda della guerra civile con il condimento del teatro di Lorca di cui, vi assicuro, ne ho abbastanza».

È sintetizzabile così lo stato d’animo del protagonista del film, un rivoluzionario di professione sulla quarantina che, durante gli anni 60’, ormai da vent’anni combatte per la liberazione del suo paese dalla dittatura fascista. Un uomo da molto tempo in esilio in Francia che, di tanto in tanto, ritorna nella sua amata patria per collaborare con i “compagni”. È costretto a non avere un nome o ad averne molti, Diego, Carlos, Domingo, sotto i quali mascherare la sua vera identità. È confuso, non concorda in molti casi né con le linee direttive del partito né con l’organizzazione della lotta mentre nelle discussioni fra rivoluzionari viene riportato in maniera fedele il classico modello fraseologico marxista dell’epoca. Gli spostamenti dalla Francia alla Spagna o da città a città si svolgono in macchina e l’organizzazione prevede che il guidatore e chi deve svolgere la missione non si conoscano. Durante il viaggio, infatti, raccontano reciprocamente le loro vite: non quelle vere, bensì quelle delle false identità che adoperano come coperture; si intreccia così un rapporto fra il ritmo delle immagini, strutturato dal montaggio, e la voce off che racconta la storia, per mezzo della quale la dimensione filmica è portata a dinamicità eterogenee.

Anche la fotografia di Sacha Vierny ricerca strade nuove rispetto al lavoro svolto per L’anno scorso a Marienbad, senza però abbandonarlo del tutto. Se nel film del 1961 erano onnipresenti le illuminazioni oniriche, quelle un po’ cupe e i forti contrasti del bianco e nero, in La guerra è finita invece, per esprimere il materialismo marxista di Diego e dei suoi “compagni”, si dà spazio a una luce neutra e in alcuni casi “sporca”. Una donna, Marianne, tenta di trattenere Diego dai suoi viaggi e chiede di poterlo seguire almeno nelle sue missioni: lui sembra essersi convinto ad accantonare per un po’ il suo lavoro proprio quando il partito gli richiede nuovamente di partire. È la morte di Ramon, che era diretto a Barcellona, che rimette in viaggio il protagonista, spinto non tanto dalla convinzione della lotta quanto dalla fratellanza con i compagni di rivolta.

«Ancora delle volte busserai a delle porte, ti apriranno degli sconosciuti a cui tu dirai qualcosa, che il sole si leva per Benidor, o che i mandorli sono in fiore nel giardino d’Anton. Ti faranno entrare e sarete insieme in una casa amica. Guarderai tutto con gli occhi di Ramon, il cielo, le vigne e i visi della gente. Proverai tutto quello che avrebbe provato lui, come se fosse il tuo primo viaggio, come se la lotta cominciasse oggi».

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Webmaster - Redattore Cinema

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