Regia John Landis
Sceneggiatura Timothy Harris, Herschel Weingrod
Fotografia Robert Paynter
Montaggio Malcolm Campbell
Musiche Elmer Bernstein
Durata 117 min
Anno 1983
Interpreti Dan Aykroyd (Louise Winthorpe III), Eddie Murphy (Billy Ray Valentine), Ralph Bellamy (Randolf Duke), Don Ameche (Mortimer Duke), Denholm Elliott (Coleman), Jamie Lee Curtis (Ophelia), Paul Gleson (Clarence Beeks)
Dai na-babbi illegittimi alla legittimazione di se stessi: per una fenomenologia americana del successo in borsa.
Una poltrona per due mette in scena la scommessa di due ricchi proprietari di una società finanziaria: Mortimer, uomo avido, finto acculturato, sognatore del premio Nobel e Randolph Duke, personaggio sprezzante, lussurioso e sempre scettico verso l’opinione altrui. In un incontro/scontro tra il loro più fidato agente di cambio, l’aristocratico Louise Winthorpe III, e l’accattone Billy Ray Valentine, quest’ultimo viene accusato ingiustamente di furto e i Duke, sotto l’influsso di teorie socioeconomiche qualunquiste e di basso livello, dall’alto della loro potenza finanziaria, decidono di scommettere per la spropositata somma di un dollaro.
Per Randolf, Winthorpe è, infatti, frutto sociale, legittima conseguenza degli studi ad Harvard e il clochard Billy Ray è l’esempio calzante del degrado presente nel ghetto; per Mortimer, invece, Valentine è ontologicamente un perdente destinato alla completa rovina e al vagabondaggio, mentre il primo è, nella sua essenza, uomo di successo. Le differenti constatazioni, appena sottolineate, li portano così a compiere un vero e proprio esperimento sociale: invertire il ruolo dei due, ovvero mandare in rovina Dan Aykroyd e far compiere la scalata verso il successo a Eddie Murphy. A quest’ultimo verrà pagata la cauzione, sarà fatto uscire di galera, gli verrà dato un lavoro, una casa e un cospicuo conto in banca, mentre al primo, che sarà accusato ingiustamente di furto e possesso di droga, gli verrà tolto tutto. Valentine sostituirà nella vita Winthorpe, lasciato anche dalla ipocrita fidanzata dopo che la prostituta Ophelia, sotto pagamento da parte di Beeks, abile factotum dei Duke, si fingerà concubina e tossicocliente dello stesso Winthorpe.
Entrambi razzisti, i fratelli Duke si fanno deus ex machina, demiurghi della vita altrui e della mobilità sociale; essi, inconsapevolmente, ci conducono verso la messa in moto dello homo faber Louise, aiutato, nella sua nuova ascesa sociale, proprio da Jamie Lee Curtis, donna estremamente pragmatica e definibile con un neologismo femina faber. La scommessa, vinta da Randolf, capovolge la vita di Winthorpe e Valentine per mostrare come il successo sia figlio della condizione sociale; sarà tuttavia la stessa scommessa a mostrare la capacità dell’uomo di essere artefice del proprio destino. I due protagonisti, homines fabri eccezionali nei loro ruoli, aiutati da Ophelia e dal maggiordomo Coleman, riusciranno a far fuori i Duke dal mercato attraverso astuti stratagemmi sia borsistici che goliardici – il travestimento in treno – che li condurranno a una nuova vita fatta di ricchezze.
Nelle figure dei protagonisti abbiamo uno scambio di persona fisica e un susseguirsi della loro figura sociale e lavorativa: nello sdoppiarsi dei due c’è, infatti, un continuum del loro personaggio manageriale. Winthorpe e Valentine sono, nei loro differenti percorsi, identità e differenza. Il primo attraversa un percorso circolare, costituito dal binomio discesa-ascesa, mentre il secondo compie un vero processo di scalata e legittimazione. L’ascesa, assecondata dalla fortuna e da intuizioni casarecce applicate alla borsa, trasformerà Valentine, nella sua arrampicata sociale, da scarto della società a nuovo fenomeno dell’economia. La discesa-ascesa sarà, invece, per Winthorpe esperienza dell’annullamento di se stesso per tornare a sé medesimo.
Una poltrona per due, nel titolo incita a una battaglia per un posto da conquistare, guerra il-legittima che esclude, a priori, l’altro dalla vittoria. Lo stare seduto aristocratico e il rimanere in piedi da babbei implodono mediante la creazione di una coalizione inaspettata e vincente… Saranno entrambi, infatti, a portarsi a casa il bottino, figlio di una perfetta e astuta giocata in borsa. La poltrona si allarga e diviene divano per due, splendida commedia natalizia e originale commedia/analisi sociale, dove c’è un posto comodo per entrambi i protagonisti. La scena finale è, dunque, a metà tra l’ordine ricostituito e il costituentesi, processo di andata/ritorno verso la ricchezza economica, (ri)-conquistata attraverso la fortuna, la scaltrezza, l’intuizione, la preparazione teorica e, soprattutto, grazie alla messa in pratica del motto latino homo faber fortunae suae.
E’ da notare come il film usi il Natale e il Capodanno come contesto e, nello stesso momento, sfrutti il soggetto della borsa per trasformarsi in commedia del sadismo sociologico e della mobilità sociale. L’infausta fine dei due Duke sarà ripresa, in maniera geniale, da Landis nel film Il principe cerca moglie (1988). Sotto la stessa colonna musicale di Una poltrona per due, Murphy, nei panni di un principe africano, donerà ai Duke, oramai divenuti clochards, una somma ingente di denaro, prospettiva di redenzione e nuova mobilità economico/sociale… “L’incubo – come dice Randolph – è passato!”.