Si sono federati DalVerme, Muzak, Detour, Le Mura, tra gli altri, e hanno vestito il parco del Torrione Prenestino in via Ettore Fieramosca, di uno sfavillante abito di suoni, immagini, colori. Suggerimenti per i prossimi giorni: Unepassante, Gazebo Penguins e Fuzz Orchestra.
Festival delle culture indipendenti 2013
Line up: The Whirlings – In Zaire
Quando: Venerdì 28 Giugno – ore 21.30
Dove: Pigneto Spazio Aperto, parco del Torrione Prenestino
Foto: Enea Tomei
Ascolta:
I Whirlings dall’Abruzzo, aprono la scena. Riverberi d’apertura. Meticoloso lavorio sui pedali. Chitarre libere d’incedere, basso e batteria a tenere bordone. Poi il ritmo slega le catene e la melodia, possente, accelera. Per poi frenare su cadenze più indolenti. Rullanti, spiraliformi, passanti hard e curve spacy. Paesaggi lunari con squarci metallici multiforme. Riempiono l’aria di musica per svuotarla lasciando colpi di corde su cui ricostruiscono, salendo di tono, fughe nostalgiche. Piatto crash ampio e sommesso.
In Zaire. Si presentano in tre, assente Stefano Pilia. Impegnato nella lavorazione del nuovo LP dei Massimo Volume. Presenti G.I. Joe (Alessandro De Zan: basso, voce, percussioni e Riccardo Biondetti: batteria, sonagli) e Claudio Rocchetti ai suoni elettronici. Capto questa frase: “Mentre che non inizia andiamo a sederci ai giochi dei bambini?” Siamo pur sempre a Roma. Senza chitarra, restano quindi la batteria e le percussioni a percuotere, il mixer a giocare i fields recording e il basso alle melodie. Ha inizio la giostra, quella vera. Progressivamente risucchiano dentro alla loro orbita i suoni e li frullano a manetta nello spazio aperto del live.
Caldi della appena sfornata discografica White Sun Black Sun per la veronese Tannen (bella la scelta veronese: Ninos Du Brasil, Cabeki, Ronin…) danno la zampata a questa fredda serata estiva, esaltando le percussioni, costruendo land-noises proto dance e, a braccetto dell’industrial, strappano il basso e agitano echi di voce come scaglie di umanità alienata che alita nella savana. Assestamenti di ghiacciai. Raffiche gassose. Viaggi cosmici e ripartenze tribali, canti ancestrali dalle caverne dello spirito e stratificazioni di memorie introspettive che provengono dai tre walkman del turntablism del prodigioso Rocchetti e che massimalizzano l’effetto africaneggiante e arabeggiante dei loro brani. Quattro brani per un giro da paura nel tunnel del suono.
Di bello, nel fantastico mondo della psichedelia, c’è che appena ti affezioni ad una melodia, o meglio, ad un (momento di) passaggio, questo e già passato (!), trasformato in altro, più o meno bello ma diverso, giusto nell’economia generale del pezzo. Quando il pezzo é bello. E i pezzi erano belli.