Provincia in scena: Fabrizio Arcuri, Sterili

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Al Teatro Palladium, dal 26 al 27 febbraio, nell’ambito della rassegna La provincia in scena, Fabrizio Arcuri porta in scena Sterili, testo vincitore del Premio Tondelli 2009, di Maria Teresa Berardelli.

Sterili
Di: Maria Teresa Berardelli
Regia: Fabrizio Arcuri
Con: Francesco Bonomo, Pieraldo Girotto, Francesca Mazza, Fiammetta Olivieri, Sandra Soncini

Dal 26 al 27 febbraio 2013 – Romaeuropa 2013, Teatro Palladium, Roma

Vai alla pagina di La provincia in scena sul sito di Romaeuropa

 

Ambientato su una banchina resa simbolicamente dalla regia minimalista di Fabrizio Arcuri dell’Accademia degli Artefatti, Sterili intreccia tre storie: quella di una coppia ormai già troppo distante, quella di una coppia apparentemente salda, ma già rosa dal tarlo dell’incertezza, e quella di due sorelle, allontanatesi dopo un passato di abusi in famiglia. I cinque personaggi si ritrovano ad attendere che passi la metro, ma la loro attesa è prolungata da un suicidio avvenuto lungo la linea, dando modo alle loro storie di emergere dai loro animi inquieti.

Sterilità sentimentale – pregressa, presente o in fieri -, dolori inespressi, lontananze fisiche e non sono il comune denominatore delle intime relazioni che si alternano a più riprese lungo la banchina. Ironicamente, o fatalmente, nessuna di esse avrebbe avuto modo di svilupparsi se qualcun altro, protagonista assente di un dramma magari simile ai loro, non avesse deciso di farla finita qualche stazione prima, magari proprio perché lui non era stato costretto ad aspettare. Una tranche de vie di un’umanità non eroica, capace a volte di piccoli passi in avanti, ma senza mai abbandonare la limitante cautela nelle decisioni o nella comunicazione che l’ha portata a quel punto.

Mentre gli attori, immersi in un’atmosfera vagamente fumosa, inondata da assertivi controluce, sono risultati tutti convincenti, più dubbia è apparsa la necessità degli inserti espressivi canori e del numero di breakdance conclusivo: sottolineature e raccordi anche di qualità, ma che forse faticavano più del dovuto nel trovare una vera ragion d’essere. Così come, francamente, l’uso del microfono per gli attori, che è parsa più una scelta di principio – tecnico, non artistico – che una necessità: peccato perché, se ne guadagna l’udibilità, a perdere è sempre il calore.

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