Il Teatro Palladium ospita nelle date di 2 e 3 marzo il nuovo spettacolo di Veronica Cruciani, Peli, nell’ambito del progetto La provincia in scena. La regista propone una riflessione al pubblico che è una vera e propria scossa elettrica nell’ottica di un risveglio collettivo che porti ad un cammino nella direzione della sincerità, unico modo per rispettare e rispettarsi.
Peli
di: Carlotta Corradi
regia: Veronica Cruciani
con: Alex Cendron e Alessandro Riceci
scene e costumi: Barbara Bessi
musiche: Paolo Coletta
luci: Gianni Staropoli
assistente alla regia: Tullia Raspini
2 e 3 marzo 2013 – Romaeuropa 2013, Teatro Palladium, Roma
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La scena è pressoché spoglia, popolata solo di quel vuoto che spiazzerà lo spettatore, portandolo a personalizzare il palcoscenico, contaminandolo con la propria soggettività. Unici personaggi, due signore di mezz’età – interpretate da Alex Cendron e Alessandro Riceci – meticolosamente agghindate, misurate nella gestualità. Occupate per tutta la durata della rappresentazione in una partita di burraco, accompagneranno lo scambio di carte con un potente strumento della nostra epoca, attraverso il quale presenteranno se stesse ed il loro mondo: la chiacchiera.
Sotto il giogo di questo idolo contemporaneo si instaurerà dapprima il dialogo tra le due protagoniste, dai modi calmi, quasi disinteressati e annoiati. Si parleranno da principio in quella maniera distaccata che contraddistingue il moderno modo di conversare: senza contaminarsi delle parole altrui e senza pretendere rilevanza dalle proprie. I due attori intratterranno meravigliosamente il pubblico con il piatto chiacchierare mondano che ha un solo oggetto di interesse: l’altro. La più grande condanna dell’uomo, giudicare gli altri, secondo una delle massime che Cocteau lascia nel suo ultimo film da regista. Un vero e proprio fardello che distoglie le protagoniste – e quanti altri! – da un confronto reale con l’universo delle loro esistenze.
Così, fissate daii loro dolori passati e presenti, ci appaiono le protagoniste: ritenute e composite entro i limiti di un’apparenza solida e brillante. Ma è la quiete prima della tempesta: la tensione comincia a rendersi visibile nei toni più schietti di Alex Cendron e negli scatti improvvisi di Alessandro Riceci. Pian piano la bellezza, la misura, il tatto, che fino a quel momento erano state splendente maschera, cominciano a scoprire uno spiraglio e a mostrarsi per quelle che sono: affettazione, inibizione, paura. Una serie di battute, ormai totalmente distaccate dalla serafica calma della chiacchiera all’ora del tè, annuncia l’inizio del percorso di redenzione delle due protagoniste: «Quando ostenti hai qualcosa da nascondere» oppure «Serve anche essere brutto.» «Serve a cosa?» «Ad essere veri.»
La regista, Veronica Cruciani, offre al suo pubblico un’esperienza difficile a compiersi nella vita quotidiana, e rara anche nell’ambito teatrale – che più di ogni arte in questo potrebbe guidarci -: l’esperienza dell’oggettivazione di sé. Lo spettacolo si conclude con gli effetti di una scossa elettrica: si è sottoposti ad un risveglio aggressivo e forzato e travolti dalla necessità di scrostarsi di dosso le costruzioni di una vita. Quando si spegne l’ultima luce sul palcoscenico, il pubblico è pietrificato e l’applauso arriva con qualche secondo di ritardo: ognuno è preso nella messa in discussione di se stesso, nell’analisi nel proprio percorso di maturazione, nella consapevolezza sconcertante di quanto poco ci sia da costruire e quanto da distruggere, per raggiungerla, quella maturità.