Alla 25° edizione di Cineporto – dal 29 novembre al 2 dicembre 2012 presso la Casa del Cinema – è in scena il cinema islandese. Tra i numerosi film in programma è stato proiettato Queen of Montreuil di Solveig Anspach, vincitore del Premio del Pubblico al Reykjavik International Film Festival 2012 e presentato nelle Giornate degli Autori alla 69° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Queen of Montreuil, di S. Anspach, Fra 2012, 87’
Sceneggiatura: S. Anspach, J.-L. Gaget
Fotografia: I. Razavet
Montaggio: A. Riegel
Musica: M. Wheeler
Scenografia: M. Le Garrec
Produttore: Patrick Sobelman
Produzione: Ex Nihilo
Coproduzione: Mikros Image
Interpreti: Florence Loiret Caille (Agathe), Didda Jonsdottir (Anna), Úlfur Aegisson (Úlfur), Eric Caruso (Caruso), Samir Guesmi (Samir), Alexandre Steiger (Alexandre).
Agathe è all’aeroporto. E’ appena tornata dalle vacanze e tra le braccia tiene con sé un’urna funeraria in cui sono deposte le ceneri del marito, morto in un incidente con un risciò proprio durante le vacanze. Accanto a lei una madre e un figlio, di origine islandese, sono appena tornati dalla Giamaica. Alla donna, Anna, è stata smarrita la valigia contenente il suo abito da sposa. Il cortocircuito è dietro l’angolo. Agathe, che ha lavorato in passato in Islanda, si prende a cuore il problema dei due islandesi e li ospita a casa sua, un po’ per empatia, un po’ per avere una compagnia che sia fuori dalla routine quotidiana.
Con la crisi economica che imperversa nel loro paese natale, Anna e Úlfur non hanno alcuna intenzione di tornare in Islanda, così si adattano subito all’ambiente che li circonda. I due sono stati in Giamaica perché Anna, che nel tempo libero è una poetessa sui generis e una grande fumatrice ed esperta di marijuana, si è sposata per la terza volta. Dopo aver fatto amicizia con Samir, la donna comincia a lavorare su una gru in un cantiere. Úlfur, invece, dopo aver imparato il francese lavora nella lavanderia-internet shop in cui lui e sua madre comunicano, attraverso il pc, con i cari in Islanda. Nel frattempo il ragazzo ha conosciuto casualmente una foca depressa di nome Fifi, abbandonata dallo zoo in cui viveva e mantenuta da un vigilante di nome Alexandre a suon di pesci morti.
Agathe intanto ha il tipico blocco dell’artista. La donna è una regista e, divisa tra la disperazione per la morte del marito, la vocazione per il lavoro e l’amore corrisposto per un vicino di nome Caruso, non riesce a montare il suo ultimo film. Quasi infervorata nella ricostruzione del suo albero genealogico, Agathe comincia a pensare che Anna e Úlfur siano addirittura dei suoi lontani parenti. Nonostante il delirio parentale e la confusione in cui sembra essere immersa, finalmente arriva per Agathe il momento di superare la morte del marito, tra episodi eccentrici – Úlfur porta Fifi nel bagno della casa di Agathe – e situazioni paradossali – Anna scopre chi ha ritrovato e usa il suo vestito –. La svolta arriva proprio grazie alla nuova situazione familiare che viene a concretizzarsi in un semplice, quanto intelligente, mix d’interculturalità rinnovante, da capo a piedi, la monotonia del quotidiano.
Una leggenda giamaicana narra che una vedova capace di superare la morte del marito diviene la regina del posto in cui abita. Queen of Montreuil ci mostra, metaforicamente, il cammino esperienziale di Agathe verso il suo nuovo stato regale.
La regista, Solveig Anspach, gira un film che, con le parole di una battuta di Anna, si potrebbe definire: «un movimento regale, come quello di una bisnonna». Queen of Montreuil, con la sua leggera e gradevole dinamicità, assume i contorni della pellicola che non ti aspetti: un avvenimento drammatico viene sfruttato per creare una commedia dal gusto frizzante in cui ironia intelligente, libertà riconquistata e sorpresa finale creano le condizioni sur-reali affinché Agathe possa cominciare ad elaborare il suo lutto.
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