Giovanni Fontana ci conduce dentro la sua prosa concettuale con un’opera divisa in tre parti in cui le Questioni di scarti diventano raccolte di domande su noi stessi e sulla nostra realtà.
Autore: Giovanni Fontana
Titolo: Questioni di scarti
Edizione: Polimata
Anno I ed.: 2012
Più che poesie, quelle che ci propone Giovanni Fontana sono prose che risentono dell’indole estrosa dell’autore, poeta e performer alla continua ricerca di nuove forme in campo visivo e sonoro. Questioni di scarti necessita di una lettura attenta e partecipe, un po’ perché il linguaggio usato è a tratti difficile da comprendere, un po’ perché il suo significato non è immediato, anche se l’iter dell’opera, che si snoda attraverso tre sezioni distinte, è piuttosto lineare.
Si comincia dalla prima parte dal titolo omonimo, in cui le prose di varia lunghezza hanno sempre la stessa struttura: iniziano tutte con «direi che», «non a caso», come se fosse un continuo discorso basato sul binomio inscindibile di causa/effetto. Gli scarti del titolo sono i rifiuti della nostra società votata al consumismo, ingabbiata in un ciclo continuo in cui le scorie che produciamo finiscono col diventare l’immagine di noi stessi. Polluzioni è la seconda parte, prettamente visiva, in quanto composta da collage in cui emergono parole chiave che descrivono i vari fenomeni del secolo scorso, dal filo spinato dei lager a immagini di Paperino e Calimero in contesti che spaziano dalla pubblicità alle pagine di giornale.
La terza parte si intitola Smaltimenti e anche qui l’ossessività della prosa è data da incipit ripetitivi («si tratta…del resto»); la critica assume una sfumatura di carattere politico e finalmente ci viene sbattuta in faccia la realtà senza troppi giri di parole: siamo tutti rifiuti urbani e meritiamo di essere definiti tali, come si era già intuito dalle prime pagine, se non dal titolo stesso. Il Leitmotiv di quest’opera è una denuncia sociale attuale, scatenata, secondo l’autore, dal fatto che il mondo in cui viviamo si sta frantumando sotto i nostri occhi riducendosi in un ammasso di immondizia che non siamo in grado di smaltire.
Con una prosa ricercata e venata di polemica, Fontana descrive senza mezzi termini il consumismo, piaga purtroppo difficile se non impossibile da arginare che cresce in proporzione allo sviluppo e al benessere delle città. Le parole delle sue sentenze sono dure, altisonanti, adatte ad una performance artistica dal vivo, in cui il senso delle frasi e l’indignazione possono essere espressi al meglio con l’aiuto fondamentale della voce, del volto e delle mani. La lettura, essendo questa un’opera dinamica che necessita di essere sviluppata, a tratti può risultare difficile ma va detto che non è di certo una lettura adatta al mero svago; come ogni critica infatti va recepita con durezza, necessita di considerazioni ed è avversa alla superficialità, va contestualizzata.
Lo stile usato, ricco di punti che trasformano le frasi in spezzoni e dividono parole singole tra loro, è un espediente che sottolinea la particolarità della prosa, perfetta come copione da recitare ad un pubblico che diventa prima imputato e poi irrimediabilmente colpevole.