Foto: Luca Gandolfi
Rachel Sermanni torna a Roma a distanza di un anno e mezzo, in occasione del suo primo tour da solista. Nell’atmosfera domestica e raccolta del Circolo Ricreativo Caracciolo di Roma, la giovanissima folksinger scozzese ha eseguito i brani del suo recente Under Mountains (2012), un lavoro ispirato e godibile, primo episodio di una carriera che si preannuncia decisamente promettente.
Artista: Rachel Sermanni
Dove: Circolo Ricreativo Caracciolo, Roma
Quando: 20 Aprile 2013
Info: sito di Rachel Sermanni
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Rachel Sermanni non ha ancora compiuto 22 anni ed ha già duettato e suonato in apertura dei concerti di Newton Faulkner, dei Mumford & Sons, di Elvis Costello, di KT Tunstall, di Fink, di John Grant, di Ron Sexsmith ecc. Insomma, non serve una lunga introduzione per convincervi che siamo indiscutibilmente di fronte alla più interessante delle giovani promesse del folk britannico.
Dotata di un timbro vocale incantevole e di grande espressività, dimostra sin dal suo primo lavoro una certa maturità compositiva e una notevole padronanza dello strumento vocale. Si esibisce per poco più di un’ora in un concerto acustico – chitarra e voce – che sospende il pubblico in un’atmosfera serenamente evanescente, ammaliando con le modulazioni di una vocalità tenue che pure sembra custodire il segreto di un’inquietudine in via di trasformazione, di una sofferenza che cambia forma. Nei suoi brani percepiamo una dolcezza che non sta in se stessa, che fuoriesce in impeti di ansia: So sweet yet so bitter recita il titolo del pezzo (inedito) che apre il concerto.
In definitiva, tuttavia, prevale un senso di armonia e di pace, una calma rafforzata dai passaggi attraverso gli incubi e le sonorità ansimanti di cui a tratti si colora la sua voce, che la giovane cantante è in grado di modulare in modo mirabile, passando con estrema disinvoltura dalle basse alle alte frequenze, e utilizzando con equilibrio e intelligenza la tecnica del falsetto. La Sermanni ha assimilato pienamente la lezione dei giganti del folksinging, fino agli episodi più recenti e significativi del cantautorato britannico femminile – su tutti Lisa Hannigan – verso cui il debito artistico appare evidente sfociando talvolta in un manierismo da attribuire probabilmente alla giovanissima età dell’artista, ancora sotto diversi aspetti priva di un’autentica originalità.
Brani come Breathe easy, The fog, Song to a fox, Sleep sono gli episodi di spicco di un repertorio che si presenta piuttosto compatto nelle sonorità – con qualche novità armonica di tanto in tanto – e decisamente convincente sul piano della qualità. A ciò si aggiunga la piacevole simpatia di una ragazza dalla timidezza un po’ teatrale, dal piglio vagamente smorfioso e dal fare impacciato: con sorpresa, abbiamo l’impressione di avere di fronte un talento straordinario quanto genuino, del tutto immune da una certa insopportabile quanto regolare (a)normalità tipica dell’artista emergente, in cui l’«emergere», appunto, appare il risultato di un’impostazione, di una forzatura, di un’operazione deliberatamente ricercata. In Rachel Sermanni, fortunatamente, prevale una spontaneità che risulta anticonvenzionale sebbene sia semplice espressione di un candore tanto naturale quanto imbarazzante, di una sincerità che spiazza, di un servire l’arte senza sostituirsi alla magia e all’incanto del suono, lasciando che parli da sé.
Degne di nota anche le sue liriche, che manifestano una delicata sensibilità poetica e un gusto spiccato per la musicalità delle parole, abbinate con grande maestria alle note degli arpeggi. In ciò, forse, rintracciamo i segni di un’appassionata frequentazione della poesia classica inglese e specialmente del romantico scozzese Robert Burns, dai cui testi la giovane Rachel si lascia ispirare e trasportare. Tutti gli elementi concorrono a delineare il profilo di un’artista dalle enormi potenzialità, cui occorre tuttavia personalizzare le influenze così impeccabilmente assimilate per dare alla luce un proprio autentico capolavoro.