Angelo Mai Italia Tropici | Habillé d’Eau > Strutture elementari dell’azione Di Romeo Castellucci, Silvia Rampelli, Alessandra Cristiani Con Alessandra Cristiani Con il sostegno del DAMS di Roma Tre e del Teatro Due di Roma A seguire Camera di risonanza | Sulla processualità dell’informazione Angelo Mai Italia Tropici, un progetto Angelo Mai e Mk 6 febbraio 2015, Angelo Mai, Roma
Il luogo performativo nasce ed esiste grazie ad una ferita che si apre internamente: l’indagine problematica sull’esistenza stessa dell’azione scenica e sulle categorie che la rendono tale. Cosa è uno spettacolo/performance e cosa non lo è? Come si distingue il “risultato finale” dalla sua fase di creazione?
Il progetto Strutture elementari dell’azione firmato Silvia Rampelli e Romeo Castellucci, primo appuntamento delle due giornate del 6 e 7 febbraio di Angelo Mai Italia Tropici, vuole indagare attraverso l’espressione della performer Alessandra Cristiani il concetto di rappresentazione come immagine percettiva per l’osservatore, a partire però da una costruzione che si basa sullo svolgimento meccanico di azioni semplici.
La performer porta sulla scena, e poi alle spalle del pubblico, una sequenza coreografica lineare composta di momenti statici e movimenti minimi, eseguita per N numero di volte. Ogni nuovo inizio della sequenza è accompagnato dall’aggiunta di nuovi elementi: uno sguardo direzionato verso destra, una variazione della velocità, il passaggio dal vestito al nudo, l’immissione di suoni di vario tipo, il cambio di luogo. La loro somma avviene in modo palese e leggibile per lo spettatore, messo nella condizione di poter decodificare il processo creativo della performance.
Nonostante tuttavia uno sviluppo schematico e prevedibile della struttura, di fatto lo spettatore non resta indifferente all’accaduto e il suo livello percettivo ed emotivo si destano maggiormente.
L’esperimento vuole dimostrare come un’esercitazione basata sulla giustapposizione meccanica di sequenze ed elementi dia come risultato non una semplice somma di oggetti ma una sintesi che crea narrazione, complessità e suggestione. La sua categoria di definizione resta in bilico tra quella dell’esercizio e della rappresentazione. Tuttavia il rigore matematico di cui si vorrebbe rivestire l’intera pratica performativa cessa di esistere non appena la Cristiani appare sulla scena: la densità di energia trattenuta nel suo sguardo e nel suo corpo nudo restano vibranti nell’aria, rendendola fortemente viva ed espressiva soprattutto nell’immobilità. Le linee geometriche che compie nello spazio non suscitano indifferenza, ma provocano una alta tensione emotiva dalla quale lo spettatore si libera non facilmente.