Il Macro Testaccio ha ospitato, Giovedì 6 Settembre, le performance incisive di quattro giovani artisti che contribuiscono ad animare la scena artistica romana. Francesco Fonassi, con Aerial; Valentina Vetturi, con Orchestra. Studio #1; Matteo Nasini, con Stan (omaggio a Stanley Kubrick); Michele Manfellotto, con The sparrow is immortal money is piss (ispirato all’opera poetica di Victor Cavallo) hanno riempito di emozioni i sensi esploratori dei visitatori. L’orecchio è protagonista assoluto della manifestazione.
RE-GENERATION
Artisti: Francesco Fonassi, Valentina Vetturi, Matteo Nasini, Michele Manfellotto
MACRO Testaccio, piazza Orazio Giustiniani 4
Padiglioni A e B
giovedì 6 settembre 2012
www.museomacro.org/it/re-generation
Il sole brilla alto, il termometro segna 28 gradi e le chiome degli alberi cominciano ad essere dipinte di un colore diverso da quel verde a cui il nostro occhio è abituato, tanto che non è difficile inciampare in una foglia gialla che, stanca di rimanere sospesa, danza nell’aria fino a raggiungere l’asfalto. E a quel punto viene da pensare: è arrivato l’autunno.
Via Galvani comincia a popolarsi di gente che, spinta dalla curiosità, si dirige verso l’ex-mattatoio più famoso d’Italia. Dall’orizzonte, un suono sfumato ci informa che qualcosa si muove, sono prove: la curiosità si fa caparbia, il passo accelerato. L’ingresso del Macro Testaccio è dominato da un cartellone che recita “Re-Generation”. Questa volta tempere, cera, legno lasciano il posto a note e silenzi, a fruscii e boati: pennelli che dipingono sinfonie nello spazio della propria intimità. Le orecchie diventano le papille gustative del menù che viene offerto e la gabbia toracica, cassa di risonanza. L’emozione è l’unica vera protagonista di questa avventura che inizia nelle due cisterne della Pelanda, gialle come la foglia danzante, la firma è quella di Francesco Fonassi. Ci si siede lungo la circonferenza di una delle due cisterne. Il suono di un aereo lontano si diffonde e istintivamente gli spettatori alzano gli occhi: il suono lontano diventa reboante e non è solo, è accompagnato da una voce femminile, che ne segue l’andamento altalenante. Un urlo quasi disperato si propaga, offre l’idea di passaggio, ma anche di angoscia. Si ha quasi voglia di scappare.
Una performance di impatto che non lascia spazio al silenzio, tantomeno all’indifferenza. I silenzi, solo apparenti, scandiscono il tempo dei sette direttori d’orchestra professionisti, schierati ad hoc dall’artista Valentina Vetturi, che eseguono segretamente, a ripetizione, il brano Ravel. I musicisti sono fisicamente assenti ma tanto è il trasporto di chi dirige da rapire chi entra e accompagnarlo verso il rumoroso suono della fantasia. Una riflessione sul gioco di potere e sul concetto di gerarchia si profila sottile e decisa. È tempo di sentire. È tempo di pensare. Si esce e i fili d’erba che disegnano il perimetro dei sampietrini parlano d’estate. I musicisti, reclutati dall’artista romano Matteo Nasini, si nascondono tra quegli scomparti metallici geometrici, tipici delle stalle, che un tempo ospitavano gli animali. Entrano nello spazio, si siedono, cercano gli occhi dei visitatori, sorridono e un soffio leggero, come alito di vento, introduce l’esplosione trionfale di suoni, voci e colori che conquistano il cielo ed escono dallo spazio del Macro. Sì, conquistano il cielo e il pubblico che, emozionato, ha l’impressione di volare dritto in un’altra dimensione: è un’iniezione di vita.
Ancora carichi, ci si dirige verso la conclusione di questo viaggio generazionale tra i giovanissimi artisti: questa volta è il turno di Michele Manfellotto, che srotola e arrotola chi guarda come i fili di quella matassa rossa che si impone sullo schermo, lo ingloba tra le luci sfuocate delle peregrinazioni notturne, lo porta in mezzo ad una discarica a piantare una tenda. Pezzi di vita urbana, di realtà e di finzione. Così si osserva, si cerca e forse persino si trova un pezzo di sé in ognuna di quelle performance che hanno turbato, vivacizzato, arricchito la propria essenza. L’aria è ancora calda, l’autunno è ancora lontano.
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Non amo l’arte contemporanea! A dire il vero non la capisco. Questo articolo, pieno di sfumature accattivanti e con una descrizione “vissuta” delle opere, mi ha catturato incuriosendomi. Ho iniziato a divorare pagine della rete per capirci qualcosa in più …. Spero di leggere ancora gli articoli di Egle. Complimenti
La lettura dell’articolo sui 4 artisti, che non conosco, ha stimolato il mio interesse per l’arte contemporanea.
L’articolo è talmente vibrante e appassionato, delicato nella esposizione e dettagliato sulle opere degli autori, che mi ha dato la sensazione di “vedere” quelle opere, e di esserci dentro come l’autrice Egle.
Bellissimo questo articolo !
Bravissima Egle, continua ad emozionarci con altri articoli.
Eleonora
Ho letto e sono rimasto affascinato, mi sono persino emozionato da una narrativa così viva… è come se fossi stato di fronte alle opere descritte.
Davvero complimenti Egle Miccoli.
Giovanni
Non sono mai stata al Macro Testaccio, ma la bellezza di questo articolo mi suggerisce dover sale un salto a vedere queste opere dei 4 giovani artisti.
Ovviamente le mie lodi all’autrice Egle.
Lory
Con le tue parole mi hai permesso di sentire,vedere,vivere l’immensità del momento, racchiudendo nella scrittura il compito di ogni arte.
Complimenti Egle, celebrando la grandezza di questi artisti,
hai dato voce al tuo talento,facendomi rimpiangere di non esser stata lì.
Dopo aver letto l’articolo sento il vivo desiderio di farmi trasportare in questo mistico mondo sospeso tra la musica e l’arte. Le parole sembrano quasi condurti per mano verso un magico luogo senza tempo. Complimenti all’autirce che riesce ad invogliare anche i non esperti ad avvicinarsi all’arte,rendendo il concetto stesso fruibile