Il giorno 18 maggio 2013 presso il Teatro Tor Bella Monaca di Roma si è tenuto lo spettacolo di Andrea Cosentino intitolato Angelica, monologo dai toni tragicomici ispirato a episodi diffusi di cultura italiana tratti per la maggior parte dal mondo dello spettacolo. Di una realtà come questa, Cosentino ha dato prova in un’esilarante e acuta tematizzazione dei suoi aspetti più caratteristici.
Angelica
di e con: Andrea Cosentino
regia di: Andrea Virgilio Franceschi
collaborazione alla drammaturgia e alla messa in scena: Valentina Giacchetti
18 maggio 2013 – Teatro Tor bella Monaca, Roma
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Non si ha nemmeno il tempo di accomodarsi al proprio posto che subito la regia, con i suoi oggetti di scena, coglie e stuzzica l’interesse dello spettatore: si notano lo schermo di un televisore d’epoca a tubo catodico, quello che ha tutta l’aria di essere il pannello di un vecchio frigorifero, mobili che, in generale, portano a immedesimarsi negli spazi di un annoso e logoro appartamento. E infatti risulterà proprio esser così, ma ciò si saprà solo più avanti nel corso dello spettacolo. Pochi istanti dopo appare sulla scena Cosentino, portando con se una culla. Racconta così di un colloquio di lavoro con un produttore, per la realizzazione di uno sceneggiato «sul papa, su Roma , sul giubileo del 2000, con una drammaturgia un po’ alla Dario Fo».
Ci si accorge in fretta di come quello fosse solo un pretesto per presentare il personaggio portante dell’esibizione: Angelica, la maldestra attrice di una serie televisiva italiana in lotta con le riprese di una scena di morte per strangolamento, perché già, proprio la morte, come specifica l’autore poco prima, vuole essere uno dei temi centrali dell’opera. Il tutto inscenato nell’appartamento di una vecchietta dal marcato accento abruzzese, un personaggio, si tiene a precisare, da sempre presente in tutti i suoi lavori e pertanto qui riproposto. Tale allora è il pretesto – frutto di una drammaturgia, per così dire, a singhiozzo – per riflettere, con espliciti rimandi a Pasolini, sulle mutazioni antropologiche della società che cambia con la televisione, segno evidente di una situazione culturale profondamente condizionata dall’invasiva, incessante presenza dei media, che sulla base dei contenuti scadenti di cui sono gravati, restituisce per Cosentino i presupposti dell’alienazione e spersonalizzazione dell’individuo moderno, ma anche certamente tutta una serie di situazioni e luoghi comuni sui quali costruire delle scene dall’indiscutibile effetto comico. E’ qui allora che Cosentino, come scostandosi per un istante dai fondamenti tematici del componimento, riesce a dare il meglio di sè. Con straordinarie padronanze dialettiche e gestuali illustra le irresistibili situazioni e intrighi di coppia tipiche delle soap odierne, riesce a ricostruire con piena maestria i momenti di crisi di una troupe nel bel mezzo di un set televisivo, ricreandone, mosso da una sottile ironia, circostanze tipo, ampi spunti di critica e di riflessione. E come non considerare il momento in cui Cosentino incanta il pubblico indossando la marionetta del Papa intenta ad arrampicarsi sullo schermo della TV nel chiudersi dell’atto finale? L’insieme è poi irrobustito da brillanti osservazioni sul piano sequenza, su aspetti tecnici del cinema come il passaggio dalla sequenza al montaggio, e ovviamente sul tema della morte, che come un circolo dall’inizio dell’esibizione giunge alla sua massima espressione nell’epilogo.
Un prodotto sicuramente vario, erudito, carico di citazioni e tematiche assolutamente pertinenti con tutto l’intreccio narrativo, affrontate con piena originalità, in grado di dispiegare una più vasta larghezza di vedute su argomenti di ampio dibattito contemporaneo, ma non venendo meno a uno stile travolgente, irresistibile, esclusivo del genio interpretativo di un maestro della scena come solo Cosentino può essere.