Red Krokodil

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Presso il Nuovo Cinema Aquila è stato presentato l’ultimo film di Domiziano Cristopharo: Red Krokodil, un racconto tragico e drammatico sulla realtà delle droghe sintetiche. 

Red Krokodil, di D. Cristopharo, Ita/Usa 2012, 85′

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Soggetto e sceneggiatura: Francesco Scardone

Musiche: Alexander Cimini

Interprete: Brock Madson

Red Krokodil è un film difficile.

Difficile da produrre perché interamente girato in una casa – quella del regista underground Domiziano Cristopharo – con l’aiuto di una troupe ridottissima e di un unico attore non professionista chiamato a rivivere il suo inferno personale di ex-tossico dipendente.

Difficile da interpretare perché con questo film Cristopharo firma la sua opera più’ personale contravvenendo a qualsiasi regola registica: ritmo lentissimo, montaggio anti-climatico, monologhi rarefatti. A fare da filo conduttore troviamo le azzeccatissime musiche di Alexander Cimini che spezzano il ritmo tipico di quest’opera totalmente autoriale.

Difficile da raccontare perché, dopo l’accenno iniziale sulla Red Krokodil – sostanza sintetica tra le più’ letali e additive in circolazione -, le sequenze che si susseguono abbandonano qualsiasi pretesto di raccontare gli effetti della droga russa per farsi carico invece di un simbolismo esplicito che descrive l’intimo dolore di ogni tossicodipendenza.

Rinunciando a una visione organica, le scene si susseguono come macro-capitoli atemporali della vita di un tossicodipendente, ognuno carico di una sua valenza grottesca e allo stesso tempo tremendamente intimista.

Cristopharo rimane coerente con la sua visione dal primo fino all’ultimo minuto. Dobbiamo scendere a patti con la prolissità dell’opera. A Red Krokodil non importa nulla dello spettatore. Il rischio è di arrivare a metà dell’opera ormai anestetizzati dall’ennesimo urlo di dolore o dall’ennesima dose iniettata. Come l’iniezione di una siringa che si fa strada dolorosamente tra le vene, sta allo spettatore insinuarsi tra le grida e i silenzi del protagonista affinché possa emergere la propria personale visione delle cose. Una visione sicuramente ostica che non accetta compromessi e che richiede l’attiva partecipazione di chi guarda.

A parere di chi scrive Red Krokodil è un esempio lampante di cosa il cinema può essere anche rinunciando a essere cinema come lo si conosce, ponendosi in una dimensione estrema e dai contorni sfumati che pescano a piene mani dalla video-arte.

Un film che trova la sua dimensione mediante una visione che acquista senso solo se si è motivati a sfidare le proprie convinzioni su cosa e su come vadano proposti alcuni temi in un’opera cinematografica atipica. E’ solo lasciando la possibilità a ogni singolo fotogramma di parlarci, suggerendoci spunti e riflessioni, che il film trova il suo senso completo, facendoci rimanere altrimenti spiazzati di fronte alla messa in scena di un dolore così crudo e naive. Famoso per le sue opere estreme Cristopharo firma l’ennesima pellicola controversa allontanandosi dal genere glam-horror che lo ha reso famoso in favore di una svolta intimista e asciutta. Ma parafrasando le sue stesse parole: per favore, non chiamatelo horror.

 

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