Il Rendez-vous è una rassegna cinematografica francese che si tiene ormai da tre anni e che, dal 16 al 21 aprile 2013, ha avuto come location l’Accademia di Francia che, dall’alto di Trinità dei Monti, domina Piazza di Spagna. Tra i film proposti nel corso della manifestazione c’è Augustine, opera prima di Alice Winocour.
Augustine, di Alice Winocour, Fra 2012, 101’
Sceneggiatura: Alice Winocour
Produttori: Isabelle Madelaine, Emilie Tisnè
Casa di produzione: Dharamsala
Montaggio: Julien Lacheray
Fotografia: Georges Lachaptois
Scenografia: Arnaud de Moleron
Costumi: Pascaline Chavanne
Interpreti: Vincent Lindon (Jean-Martin Charcot), Soko (Augustine), Chiara Mastroianni (Constance Charcot), Olivier Rabourdin (Bourneville)
Per anni la cultura francese è stata quella dominante all’interno dei salotti italiani, affiancata solo più tardi da quella inglese e americana. Nonostante i tempi moderni abbiano ormai spodestato la Francia dal trono dell’egemonia culturale, tuttavia, festival ed eventi della Capitale – e non solo – ancora tendono a farne un nucleo centrale, come dimostra la bella rassegna del Rendez-vous.
Parigi, inverno 1885. La domestica diciannovenne Augustine viene colta da una crisi epilettica durante un pranzo ufficiale della famiglia presso cui lavora, e viene mandata in cura all’ospedale della Salpetrière. In quel luogo la sua strada incrocerà quella del dottor Jean-Martin Charcot, il quale si dedica allo studio e alla cura di una misteriosa malattia: l’isteria. Figura storicamente esistita, il medico francese fu uno dei maestri di Freud e uno degli uomini che preparò il terreno per le scoperte neurologiche successive. All’ospedale della Salpetrière gli venne affidato il reparto delle convulsionarie – epiteto allora usato – e, interessandosi proprio all’isteria, decise di separare le isteriche dalle epilettiche, fornendo dunque una prima distinzione tra i due disturbi. Egli era convinto che la causa fondamentale dell’isteria fosse una degenerazione del sistema nervoso e, sotto la sua influenza, le malattie mentali cominciarono ad essere analizzate sistematicamente. Oltre a considerare l’aspetto neurologico della malattia, egli riteneva che ci fosse anche un collegamento con la sfera della sessualità repressa: i movimenti convulsi delle sue pazienti sembravano fornire una prova di tale teoria.
Augustine si presta alle prove mediche di Charcot quasi con dedizione, diventando la sua cavia preferita e permettendogli anche di ipnotizzarla per riprodurre le crisi epilettiche in stato di incoscienza. Il film riesce a mettere bene in scena questa serie di meccanismi, a rappresentare gli sforzi medici di Charcot e a dare una connotazione più seria ad un tema che il cinema non molto tempo fa ha affrontato in modo prevalentemente giocoso: Histeria, film inglese del 2011, aveva infatti offerto una chiave di lettura dell’isteria bonaria, divertente, dal facile effetto comico, diversa da quella data invece dalla Winocour.
Augustine è la famosa “Blanche” Wittman, la paziente preferita di Charcot per i suoi innovativi esperimenti terapeutici, la “regina delle isteriche” alle cui pubbliche sedute di ipnosi assistevano Freud e Strindberg, Babinski e Sarah Bernhard: l’élite medica, intellettuale e mondana della Parigi di fine Ottocento. Sembra essere documentato il legame speciale tra i due protagonisti, che nel film sfocia – inevitabilmente – in una grande passione. È forse l’unico aspetto di romance e di vera fiction che la regista si concede all’interno di una storia sviluppata invece con molta lucidità e con – sembra proprio il caso di dirlo – un occhio clinico.