Il documentario Eros è stato proiettato giovedì 4 Aprile al Rome Independent Film Festival, presso il Cinema Aquila, nella sezione Documentariff National Competition. Il giovane regista Berardo Carboni ci racconta una storia di mobilitazione internazionale, che parte dal Teatro Valle occupato di Roma e che decisamente sa accendere una fiamma di contenuto nello spettatore
Eros, di B. Carboni, Italia 2013, 84′
Regia: Berardo Carboni
Fotografia: Davide Starinieri
Montaggio: Daniele Natali
Musica: Valerio Vigilar
Produttore: Lorenzo Marsili
Produzione: Teatro Valle Occupato, European Alternatives
Interpreti: Berardo Carboni, Marco Berardi, Isabella Pinto
Eros è un viaggio negli ideali, un cammino di condivisione che parte da Roma e arriva fino a Francoforte, passando per Atene e Belgrado. Il regista Berardo Carboni smuove le coscienze civili degli spettatori proiettandoli nel fermento del Teatro Valle occupato. La crisi fa da sfondo, andando oltre l’aspetto economico e coinvolgendo la capacità di schierarsi davanti alle strumentalizzazioni del potere. Le occupazioni diventano un grido di sdegno, un fenomeno aggregativo portavoce della stanchezza popolare nei confronti di un sistema che sta uccidendo la cultura critica. Il linguaggio di Berardo Carboni si traduce in un connubio profondo tra teatro e vita. L’occupazione è una forma di risveglio che unisce persone diverse. Come dirà un artista ad Atene: «Sharing is happiness».
Tre attivisti del Teatro Valle partono per un viaggio che li porta come prima tappa ad Atene. Qui incontriamo Charlos, con cui entriamo nel Teatro Empros occupato, e che ritroveremo anche alla manifestazione del Blockupy di Francoforte. Scopriamo che un filo invisibile unisce le motivazioni occupazioniste greche ed italiane. Qui Berardo spiega anche il significato della parola Eros: centrale è l’assonanza con Euro, quasi per sottolineare l’attitudine che tutti dovremmo avere davanti a certe questioni. Iniziamo a chiederci dove eravamo mentre queste persone si mobilitavano per salvare una cultura che è anche la nostra. Si prosegue il giro passando per gli studi occupati dell’Inex Film di Belgrado, dove il regista ci fa entrare in un vivace collettivo, immerso in una città ancora ferita dalla guerra. Da lì si arriva a Rosia Montana, piccolo comune della Romania dove conosciamo Eugene ed il suo movimento consacrato alla natura. Qui si contrasta la corporation canadese che ha comprato la montagna per estrarne l’oro. Siamo tra i Monti Carpazi, non c’è traccia di urbanizzazione, eppure la causa è comune, ed assume semplicemente aspetti diversi a seconda delle necessità. Se ad essere cara è la liberta, non importa che ci si batta per il verde o per l’accesso alla cultura, queste saranno sempre diverse facce della stessa medaglia. L’ultima tappa è Francoforte, dove gli attivisti progettano di bloccare per un giorno l’attività della BCE, scontrandosi con la polizia.
Il documentario si chiude su un uomo che, sotto i grattacieli di Francoforte, stringe la mano ad uno dei tre militanti dicendogli: «A presto!»
Eros porta a galla quegli ideali che ormai rimangono troppo spesso sopiti. L’intellettuale di prima linea sta diventando una figura sempre più marginale. Preoccuparsi di non far chiudere un teatro e permettere di vedere gli spettacoli ad offerta libera sono solo una parte di un impegno quotidiano che andrebbe quanto meno sottolineato; eppure la mentalità comune condanna l’occupazione in quanto “gesto estremo”. Chi ha una convinzione forte ed è disposto a sacrificarsi per essa, spesso è visto come una persona aggressiva. Ma poi, all’apertura di un nuovo negozio di elettronica, la gente si accampa davanti all’entrata coi sacchi a pelo, per accaparrarsi un telefono ultimo modello. Due diversi tipi di occupazione, e solo uno finisce con la foto in prima pagina, perché la tangenziale viene chiusa a causa dell’ingorgo di gente. L’altra passa quasi in sordina…