Riff XII edizione – Con quella faccia da straniera

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Con quella faccia da straniera è un documentario italiano proiettato nell’ambito del Rome Independent Film Festival. La regia, firmata da Luca Scivoletto, porta a galla una storia di lotta ed abbandono, caratteristiche che fin troppo spesso appartengono alle donne che osano schierarsi a scapito delle convenzioni sociali.

Con quella faccia da straniera, di L. Scivoletto, Italia 2012, 62′

Sceneggiatura: Luca Scivoletto, Maria Grazia Calabrese

Fotografia: Clarissa Cappellani

Montaggio: Alice Roffinengo

Musica: Scivò

Suono: Danilo Romancino

Produttore: Giorgio J.J. Bartolomucci

Produzione: Pinup srl con il contributo del Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Distribuzione: Pinup srl

La storia di Maria Occhipinti sembra quasi uscita da un film di Pasolini. Ce la racconta Luca Scivoletto, facendo luce su una vicenda rimasta sconosciuta ai più. Maria nasce nel sottoproletariato, motivo per cui rifiutò sempre l’epiteto di “intellettuale”, riservato invece ai giovani  borghesi. Si definiva una libera pensatrice anarchica, e oggi sono proprio gli anarchici a ricordarla con maggior dedizione. Spiccò il volo ribellandosi. Militante del partito comunista, vi si oppose nel 1945, quando partecipò ai moti del “non si parte”. Fu Togliatti a deluderla, chiedendo agli italiani di tornare alle armi per quell’Italia monarchica e lacerata. Incinta di cinque mesi, si gettò davanti alle camionette che portavano via i giovani soldati, e questo le costò il confinamento a Ustica, dove nacque sua figlia Marilena. Tornata a Ragusa nel 1946 fu cacciata dal padre, e così decise che la sua nuova casa sarebbe stata il mondo intero.

La contadina disubbidiente iniziò a muovere i passi verso l’eternità, spostandosi tra Milano, Parigi, New York, e annotando sempre tutto nei suoi quaderni. A vedere i frammenti delle sue interviste, sembra davvero di ammirare una dea. Parla con un fervore sconosciuto ai dilettanti, questa Eleonora Duse politica che prende tutta la scena, viscerale come una diva, a cui nel frattempo avevano voltato tutti le spalle. La ricorda Adele Cambria, che nel 1975 dirigeva il primo giornale femminista, e che fu folgorata da un’intervista alla futura “Minerva che mancava al movimento”. La ricorda sua figlia Marilena, che a sua volta si ribellò quando decise di fermarsi a New York per studiare farmacia. E, soprattutto, la ricorda sua sorella Rosina, che rimase zitella per colpa dello scandalo. Maria scriveva, quaderni interi, senza lasciare un solo spazio vuoto. L’eco dei suoi scritti rimbalzò fino in Francia, dove Jean-Paul Sartre pubblicò sulla sua rivista un estratto de Una donna di Ragusa, primo romanzo di Maria Occhipinti. In quello stesso numero, veniva pubblicata anche Simone De Beauvoir, chissà cosa sarebbe stato se queste due donne si fossero incontrate.

Maria tornò in patria negli anni 70; il tempo cancella le sciagure, in giro non ci sono più uomini che le sputano sui piedi, ma a lei rimase il grande dolore di non essere stata compresa dalla famiglia, in particolar modo da sua madre. Nonostante tutto, esaltò sempre le sue origini campagnole, retrodatando il femminismo alla primordiale solidarietà tra contadine. Questo Ulisse femminile non rinnegò la libertà nemmeno quando i socialisti la vollero come parlamentare europea: rispose, infatti, che avrebbe preferito mangiare pane e cipolle piuttosto che legarsi ad un partito. Il sapore del documentario è estremamente triste: politica e condizione femminile mettono in luce l’amara scelta davanti cui si sono sempre trovate le donne più intrepide della storia. Il primo aprile del 2012, Marilena ha gettato in mare le ceneri di sua madre.

Adesso Maria è libera, ma rendere giustizia dopo la morte è come frustare un prigioniero e poi mettergli sulle ferite una crema, anziché il sale. La stima va goduta in vita, alle donne battagliere spesso è stato negato.

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Redazione

1 commento

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    Veronica Tam il

    Davvero Toccante…Le tue parole mi hanno fatto venir voglia di saperne di più…Bravissima Lory!

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