In gara nella sezione National Feature Film Competition del Riff, Transeuropae Hotel, del musicista/regista Luigi Cinque, è un viaggio bellissimo, un “teletrasporto altrove”, un perdersi senza ritrovarsi più.
Transeuropae Hotel, di Luigi Cinque, Italia/Brasile 2012, 98’
Sceneggiatura: Luigi Cinque con la collaborazione di Valerio Magrelli e Rossana Campo
Fotografia: Renaud Personnaz, Jacques Cheuiche, Michele Cinque
Scenografia: Sergio Tramonti
Montaggio: Lughi Faletra
Costumi: Stefania Benelli
Musica: Luigi Cinque, Hypertext o’rchestra
Suono: Luca Bertolin, Rossana Cingolani
Produttore: Luigi Piccirilli
Produzione: MRF5 mus&film
Interpreti: Pippo Delbono, Luigi Cinque, Peppe Servillo, Keuri Poliane, Jurema da Matta, Marina Rocco.
Tutti i personaggi interpretano se stessi.
«La musica è una esatta combinazione tra genio e follia»
Luigi Cinque augura «buon ascolto» quando si spengono le luci della sala del Cinema Aquila. Poi aggiunge anche «buona visione», ma ormai l’udito ha già capito che sarà il senso più sollecitato.
Questo film è davvero musica allo stato puro, descrive appieno quella strana sensazione che si crea tra musicisti e che si chiama magia. Narra un qualcosa che non c’è, che non si può toccare, che esiste nell’aria e che si coglie soltanto vivendolo, riuscendo proprio a trasmettere l’emozione del momento. Ci si accorge di ciò dall’attenzione degli occhi e delle orecchie del pubblico in sala, dal loro respiro.
È un teletrasporto questo film. Del resto «la musica è una vibrazione molecolare» e di conseguenza scuote e smaterializza. È questo il filo conduttore di tutto. È la spinta che permette a un gruppo di jazzisti di riunirsi in un hotel siciliano per provare un concerto imminente; non ci sono soltanto musicisti nel piccolo albergo però. Ci sono anche due donne, due brasiliane, che convincono Luigi a partire per il Brasile alla ricerca di un famoso percussionista – Darcy do Jongo – scomparso misteriosamente durante un loro concerto. C’è di mezzo la magia brasiliana, qualcosa di molto più veritiero di quanto si possa immaginare.
Parte anche Pippo con lui.
I due si ritroveranno al centro di una favela alla ricerca del mago Candomblè: colui che può svelare la formula magica, ovviamente musicale, per far tornare il loro amico.
Non si capisce mai davvero dove inizia il film e dove finisce la realtà. Non c’è una dimensione ben precisa, come dice Delbono: «non possiamo vedere le stelle così lontane, ma neanche le nostre sopracciglia così vicine».
Come detto questo film è un viaggio, su più livelli – come uno di quei sogni alla Inception – che ha un ritmo, ha dei bit, come se i passi fossero scanditi da un metronomo, come se la vita senza musica fosse un grandissimo errore.
Eccellente fotografia, eccellente scelta dei luoghi, dei personaggi e di tutto il resto. Eccellente pellicola, credo sia sufficiente.
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