Roberto Latini | Metamorfosi (di forme mutate in corpi nuovi)

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© Guido Mencari

 
da Ovidio
traduzione Piero Bernardini Marzolla
adattamento e regia Roberto Latini
musiche e suoni Gianluca Misiti
luci Max Mugnai
costumi Marion D’Amburgo
con Ilaria Drago, Alessandra Cristiani, Roberto Latini, Savino Paparella, Francesco Pennacchia, Sebastian Barbalan, Alessandro Porcu, Esklan Art’s Factory
direzione tecnica Max Mugnai
produzione Fortebraccio Teatro Festival Orizzonti . Fondazione Orizzonti d’Arte
con il sostegno di Armunia Festival Costa degli Etruschi
 
21 maggio 2016, Teatro Vascello, Roma

Fantasmagorico, onirico, sospeso e fragile: questi alcuni degli aggettivi che possono descrivere il lavoro di Roberto Latini sul classico di Ovidio Le Metamorfosi, presentato al Teatro Vascello di Roma.

Sull’ampio palcoscenico del Vascello si alternano figure clownesche che raccontano con i corpi e le voci le atmosfere di questo caleidoscopico testo poetico, affascinate per i temi e per i racconti che custodisce al suo interno da più di duemila anni. Perché Latini sceglie i clown come portatori di queste verità universali e che compongono il nostro tessuto culturale? Perché il clown è puro, senza filtri, perché con la sua macchina corpo e la sua malinconia si avvicina alle tematiche del lavoro con delicatezza, come se poggiasse le sue scarpe oltremodo grandi su fili sospesi fatti di seta. La magia che questi soggetti che si trasformano nelle storie che narrano è palpabile ma anche effimera, soggetta ad una continua trasformazione. Ed è così che imposta il lavoro Latini, un lavoro soggetto a continue trasformazioni, aggiunte, modifiche e derive.

Latini – sulla scena assieme agli altri validissimi performer – cura nel dettaglio ogni sfumatura del lavoro, regalando immaginazione al pubblico presente in sala: sembra quasi di assistere ad un’epifania piuttosto che ad uno spettacolo teatrale, ad un’apparizione di anime intente a raccontarsi, come quasi fossero bloccate nel limbo precedente alla metamorfosi che le ha coinvolte. Incredibile l’uso della voce dei performer che circonda, entra nel corpo attraverso calde vibrazioni che scuotono gli atomi producendo calore – attuando negli stessi spettatori una trasformazione –, al pari delle sonorità di Gianluca Misiti, ricercate e intriganti, capaci di tradurre sonoramente un’immagine complementare a quella suggerita visivamente. Il dialogo fra la parte artistica e quella tecnica è equilibrato e decisamente elevato e restituisce la sensazione di una fusione completa fra i due aspetti, che metamorfizzano in un terzo, conturbante e coinvolgente. Non può mancare un accenno al light design del lavoro – firmato Max Mugnai –, che taglia e ritaglia spazi, che trasfigura volti e corpi, che nasconde e rivela piccole parti di anima e d’emozione. È in questo ambiente che si muovono i clown/eroi metamorfizzati ed è in questa sinestesia che vedono spazio i loro desideri e le loro ambizioni, è in questa atmosfera avvolgente che si realizzano rimanendo sospesi.

Uno spettacolo da vedere e da cui far investire il proprio senso d’udito e di vista.

 

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Autore

Ludovica Avetrani

attrice, danzatrice, curiosa. caporedattrice delle sezioni di teatro e danza. odia le maiuscole.

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