di David Greig traduzione Elena Arvigo regia Roberto Rustioni con Elena Arvigo, Roberto Rustioni luci e allestimento Paolo Calafiore organizzazione Marianna Caruso dal 5 al 23 Novembre Teatro Vascello, Sala Studio, Roma
Being Norwegian, atto unico di un’ora, va in scena nella minuscola quanto accogliente Sala Studio del Teatro Vascello, le cui ristrette dimensioni e il palco non rialzato contribuiscono a coinvolgere il pubblico presente, seduto su comuni sedie o panche, come se fosse parte integrante dello spettacolo.
La trama, solo apparentemente semplice e banale, si sviluppa in Scozia nell’appartamento di Sean raccontando il disagio esistente nell’approccio tra il padrone di casa e Lisa, una ragazza norvegese appena conosciuta in un pub.
Gli spunti messi in scena sono, però, molteplici. Sean e Lisa rappresentano qualsiasi essere umano alle prese con le difficoltà di comunicazione accresciute dalle proprie esperienze negative e dalle differenti reazioni.
Sean è un uomo che vive al buio ai limiti della sociopatia e sopravvive a se stesso da un anno in un buco di appartamento con i suppellettili ancora dentro gli scatoloni. L’unico elemento presente in scena è un divano, peraltro lasciato dal precedente proprietario di casa, rivolto verso la finestra, che consente di vedere la città, le persone, il cielo, le stelle, la luna da una visuale periferica e distaccata. Il matrimonio finito, il figlio che non vede da tempo immemore e un anno trascorso in prigione hanno segnato il carattere di un uomo che ha preferito nascondersi e vivere in solitudine.
Lisa, al contrario, è la luce, piena di iniziativa e di voglia di vivere. Ha conosciuto Sean in un pub ed ha voluto, nonostante le sue rimostranze, andare con lui nel suo appartamento. Dopo un iniziale comprensibile imbarazzo prova in ogni modo a sedurre Sean lanciandosi in frasi ed atteggiamenti bizzarri al punto tale da spingere l’uomo a definirla una “svitata”.
La dicotomia buio-luce è riscontrabile in scena in maniera tangibile per merito di un’intuizione del regista. Il palco è illuminato da un’unica lampada e durante un vigoroso alterco tra i due attori, molto espressivi soprattutto nei silenzi prolungati e bravi a cambiare tono e intensità vocale nei giusti tempi, la luce bianca e fredda si alza e si abbassa di intensità assecondando i differenti gusti di Sean e Lisa. L’illuminazione di scena indica la mutevolezza degli stati d’animo dei due personaggi.
La paura che si ha nell’approcciarsi con chi è “diverso” è ben scandita dagli atteggiamenti confusi e imbarazzati del protagonista. La lotta di Lisa per tentare di convincere Sean a lasciarsi andare e a vivere la vita e la conseguente reazione isterica dell’uomo non sono altro che la rappresentazione della logorante lotta che ogni essere umano subisce interiormente nel tentativo di accettarsi e di essere accettato dalla società. La cosa più difficile è rendersi conto che quando la vita è buia, è necessario lasciarsi aiutare da chi può “accendere la luce”. A volte per rinascere spiritualmente basta poco: un bicchiere di vino, una musica lenta e un ballo ancorati l’uno all’altra “proprio come due norvegesi che si abbracciano in terra straniera”.