di e con Claudia Gusmano
aiuto regia Laura Palmeri
musiche originali Ermanno Dodaro
disegno luci Michelangelo Vitullo
scenografia Martina Picchioni, Letizia Cascialli
progetto grafico Katia Abita
9 settembre 2016, Roma Fringe Festival, Roma
Nella semifinale della quinta edizione del Roma Fringe Festival troviamo Mozza, spettacolo scritto, diretto ed interpretato dalla giovane attrice siciliana Claudia Gusmano.
La piéce teatrale andata in scena sull’isola di Villa Ada ha mostrato l’indubbia qualità attoriale dell’autrice/attrice che ha portato sul palco il singolare punto di vista di una ”mozza”.
La protagonista è una giovane ragazza siciliana che grazie alla figura del nonno marinaio ha sviluppato non solo un folle amore per il mare ma una sorta di dipendenza da questo, per la quale è disposta a mollare tutto – affetti compresi –, per prendere il largo da sola all’interno della sua più che modesta barca da pescatrice. È più grande la sofferenza per il “mal di terra” rispetto alla paura di intraprendere una vita dura e difficile come quella del marinaio, anche per le persone che: << il mare vorrebbero berlo tutto ad un fiato per non perderne neanche una goccia >>.
Mozza è una ragazza troppo fragile per la terra e troppo leggera per il mare, ha occhi grandi da sognatrice ma non si concede la libertà di ammetterlo.
Lei deve pensare a cose più serie – purché riguardino il mare – lei deve pescare, scambiare il suo pesce con il cibo della terra che le porta il capitano dell’unica nave che incrocia al largo. Lei dalla terra non può stare né troppo lontana né troppo vicina, deve mantenere intatto un micro-equilibrio per riuscire a gestire le sue paure e gli imprevisti di cui esse sono naturalmente portatrici.
L’unico “sogno” che può concedersi, è il dialogo con quello che si può definire il suo confidente e confessore: un gabbiano di “luce”.
La regia dello spettacolo è semplice e ben curata, i cambi ritmo sono piacevoli anche se poco accentuati: si è sentito il bisogno di momenti più “burrascosi”. Il mare era fin troppo calmo e tranquillo, cosa che sicuramente fa parte della sua natura ammaliante, come lo è l’impeto incontrollabile che lo contraddistingue.
Le luci – altrettanto semplici ma sicuramente più efficaci – hanno fatto il loro dovere: in quantità maggiore sarebbero state eccessive, nel caso contrario la scena avrebbe acquisito più l’aspetto di una bettola di porto piuttosto che di una piccola barca, intrinseca di un grande romanticismo.
La scelta scenografica di sviluppare tutta la performance dentro la ricostruzione di una prua di nave è stata giusta e con un senso logico-narrativo, anche se la staticità all’interno della postazione scenografica ha fatto sentire la mancanza del momento dei “cavalloni marini”.
Mozza è una performance intima e molto personale che però non si è concessa totalmente allo spettatore.