Romaeuropa: Babilonia Teatri, The Rerum Natura

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Un presepe goldoniano putrefatto, in cui la reiterazione paranoica delle parole, le incessanti assonanze lessicali e la totale assenza di variazione ritmica, generano claustrofobiche allucinazioni uditive. Tre generazioni. Figlia, madre, nonna. Un testo composto da infinite preghiere, cupe, irose che, rifiutando tutto, svelano il fortissimo desiderio che, al contrario, tutto sia da benedire. Spettacolo in tre movimenti, il The rerum natura, che revisiona il precedente The End, inserendo nuovo materiale, estratto del laboratorio sulla morte effettuato al Festival di Santarcangelo40.

The Rerum Natura

progetto speciale da The End
di: Valeria Raimondi e Enrico Castellani
con: Valeria Raimondi, Olga Bercini, Giovanna Caserta
produzione: Napoli Teatro Festival Italia in coproduzione con Babilonia Teatri

24 e 25 gennaio 2013 – Palladium, Roma

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Il suono ecclesiale delle campane é il saluto di benvenuto con cui Babilonia Teatri ci accoglie nella sua chiesa laica, sospesa tra la vita e la morte. Un limbo nel quale spetta a noi la scelta: andare negli inferi, aspirare ai cieli paradisiaci o (in)trattenerci nella terra di mezzo.

Uno scorrimento di quotidianità. Simpatiche cover di filastrocche infantili e antiche poesie: l’umanità è una bambina – Olga Bercini – che cantilena drammaturgia smart, ottima per i social network. Olga viene affiancata nel secondo movimento dalla mamma Valeria Raimondi. Il nostro mondo contemporaneo è un mondo profanato, desacralizzato, in cui non vi è più spazio per le antiche credenze, le favole e i proverbi. Con le innovative tonalità uniformi, la recitazione esangue e la declamazione retorica, assistiamo ad una moderna oratoria politica che fa terra bruciata di qualsiasi speranza: «è ora di chiudere il sipario, il resto è silenzio».

La morte è rappresentata come l’unico traguardo della vita.

Il terzo movimento vede l’ingresso della vecchiaia. Ci sembra di poter scomodare, per descrivere la visione, un paragone potente: Le tre età di Klimt in versione bianco, sporco e crudele. Un curioso remix di ninna nanne fa da colonna sonora a questo selvaggio west che è diventata la nostra epoca. Il Morricone della trilogia del dollaro, accompagna il duello tra Gesù Cristo in croce, issato a vista da semplici carrucole sceniche, e Giovanna Caserta, nonna pistolera, vendicatrice delle nostre inutili ansie di vita. La vita non interessa, la vita invecchia e disperde tutto ciò di cui siamo fatti: pezzi di attributi fisici e intellettuali che, invecchiando, abbandonano il corpo e l’anima. Sarebbe meglio tirarsi un colpo di pistola per avere «quiete, pace e vita».

La dimensione religiosa è ossessivamente presente. L’esercizio della religione nelle provincie italiane deve aver creato baratri d’insensibilità e una cappa insopportabile di mancanza d’amore mentre si professa l’amore, ma evidentemente solo a parole. L’amore è semplice, l’amore si manifesta, tra le sue infinite varianti, con carezze, sorrisi, corse nei prati e raccolta delle more nei rovi. Davvero la scelta per l’uomo è tra l’impossibile vita eterna e una morte subitanea? Abolendo tutte le tappe che portano alla morte, abolendo il decadimento fisico e mentale? L’eterno dilemma dell’essere o non essere che snobba il divenire.

Gesù è sempre lì, crocifisso. Dal frigorifero vengono tirate fuori e appese le teste lacere di un bue e di un asino. Ascoltiamo l’elenco dei sogni della figlia. Sogna qualcuno che si occupi di lei, che la curi, la accarezzi. Sogna la famiglia e, per non provare dolore, forza le illusioni vestendosi di una durezza e forza di volontà decisionale che i bambini possono solo giocare ad avere. Perché i bambini, tutto sommato, sono bambini e quello che desiderano veramente è possedere la stella cometa, e basta.

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Redazione

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