Al Teatro Palladium, a seguito dell’istallazione rcezcy/cose, è stato in scena, nelle date del 6 e 7 aprile 2013, Reality, il nuovo spettacolo di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini. Per la prima volta, è stata data la possibilità ai due artisti di presentare integralmente il lavoro sui quaderni di memorie di Janina Turek: la semplice donna – assolutamente non identificabile con l’apposizione “scrittrice” – polacca che ha annotato per circa cinquant’anni gli eventi comuni della sua quotidianità.
Reality
Ideazione e performance: Daria Deflorian e Antonio Tagliarini Traduzione di: Marzena Borejczuk, Nottetempo 2011 Disegno luci: Gianni Staropoli Consulenza per la lingua polacca: Stefano Deflorian, Marzena Borejczuk e Agnieszka Kurzeya Foto: © Silvia Gelli Collaborazione al progetto: Marzena Borejczuk6 e 7 aprile 2013 – Romaeuropa 2013, Teatro Palladium, Roma.
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Daria Deflorian racconta il suo incontro con l’opera di Janina Turek come un evento casuale nella sua vita: conosciuta attraverso la presentazione del libro di Mariusz Szczygiel, evento trovato nella sezione Cultura del giornale, una mattina come tante, una colazione al bar come tante. Ma come tante è il modo di dire più sbagliato possibile quando si parla del lavoro di catalogazione di Janina Turek: lei che, a partire dall’età di venticinque anni, fino alla sua morte, per più di cinquant’anni si era dedicata alla registrazione metodica ed oggettiva degli accadimenti meno eclatanti e più usuali della sua esistenza. Le 4463 colazioni, i 5387 pranzi, le 5936 cene, le 23397 persone conosciute incontrate per strada e salutate con un «Buongiorno»: questi eventi per lei erano lungi dall’essere considerati come tanti; nell’impegno costante di annotarli li aveva infatti resi unici e, a lungo andare, aveva reso unica la sua esistenza.
«Ma l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale» – cantava Lucio Dalla. E allo stesso modo, Janina Turek aveva sentito in maniera così grave il peso dell’identico e apparentemente eterno fluire della normalità da decidere di scardinarla, non con un atto plateale e rivoluzionario, ma rimanendovi immersa ed osservandola con distacco, quasi alla stregua di un esercizio spirituale gesuitico. Aveva cominciato ad annotare gli eventi più usuali ed insipidi, senza commenti, sentimentalismi e soggettività. Anzi, aveva tralasciato di registrare gli accadimenti che probabilmente più l’avevano toccata: il ritorno del marito dal campo di concentramento di Auschwitz – annotato sui suoi quaderni semplicemente come Visita non annunciata –, una strage per le strade di Cracovia, la sua città, la liberazione del Governatorato Generale e la formazione della Polonia – il cui unico segno è una linea trasversale tra la data del 18 e del 19 ottobre 1945 -.
Una volontà, dunque, di farsi osservatrice, anche di se stessa – mai nominata alla prima persona, ma sempre come Janina Turek detta Aæka –. E in questo modo la ripropongono al pubblico Daria Deflorian ed Antonio Tagliarini, che sul palcoscenico del Palladium non preparano una scenografia vera e propria, ma una serie di oggetti, ognuno simbolo di un ricordo, di un momento, di un istantaneo modo di essere. E’ così che una semplice tazza di caffè nero diventa un frammento di esistenza che apre un varco verso il silenzio che racchiude una Vita. I due ideatori afferrano l’ineffabilità di Janina Tureka come persona e perciò, rispettando la sua volontà, decidono non di interpretarla, ma di raccontarla.