Romaeuropa: Deflorian / Tagliarini, rzeczy/cose

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All’Opificio Telecom Italia, dal 3 al 5 aprile, uno dei due lavori nati dal reportage Reality di Mariusz Szczygiel sulla vicenda della casalinga di Cracovia Janina Turek.

rzeczy/cose

Ideazione e performance: Daria Deflorian/Antonio Tagliarini

Disegno luci: Gianni Staropoli

Collaborazione: Fernanda Pessolano

Dal 3 al 5 aprile 2013 – Romaeuropa 2013, Opificio Telecom Italia, Roma

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Ideata a partire dal libro Reality di Mariusz Szczygiel – dal quale il duo Deflorian/Tagliarini ha tratto anche un altro spettacolo, Reality, per l’appunto -, rzeczy/cose è una performance/installazione la cui esperienza per lo spettatore si apre e si chiude morbidamente. Prima dell’inizio dello spettacolo, infatti, il pubblico viene tacitamente incoraggiato a vagare e curiosare per lo spazio scenico, pieno di scatoloni – alcuni aperti, altri chiusi – ricolmi di oggetti di varia natura, il cui minuzioso elenco è appeso all’ingresso; al termine dello spettacolo, addirittura, ai più arditi è concesso proseguire il viaggio appena concluso, rivolgendosi direttamente ai performer o riprendendo il proprio libero curiosare.

rzeczy/cose prende spunto dalla vicenda di Janina Turek, una casalinga polacca che per cinquant’anni, fino alla morte, annotò con cura maniacale tutto quel che faceva, mangiava, possedeva, riempiendo di simili elencazioni ben 748 quaderni, tutti assolutamente privi del benché minimo commento, del più piccolo accenno a un’emozione: non è dato sapere se un certo film le fosse piaciuto o se una tale pietanza le fosse più gradita di un’altra. Una sorta di diario oggettivo, che ci restituisce la vita della sua autrice in termini puramente numerici, come se una persona si distinguesse dall’altra per il numero di atomi che la compongono e non per le idee, le vicissitudini e le imprese compiute.

L’operazione dei due performer, però, prende questa storia solo a pretesto. Sia perché gli oggetti accatastati negli scatoloni appartengono – nella realtà e nella finzione scenica – proprio a loro due, sia perché lo spettacolo prende la direzione esattamente opposta a quella della vicenda cui si ispira. Nel pescare, descrivere, manipolare e offrire al pubblico i vari oggetti, i due non perdono infatti occasione per narrare ricordi, sensazioni o piccole manie a essi legati,  inserendoli in un vissuto che li rende quasi vivi – o comunque molto più, verrebbe forse ingiustamente da pensare, della Turek dalla quale il tutto prende le mosse e nella quale, senza darlo a vedere, gradualmente la Deflorian si trasforma -. E così, piano piano, il pavimento si popola di bocce pesantissime, quaderni delle elementari, cartoline tra le più brutte che si possano concepire, giornaletti pornografici e cavallini meccanici, alla riscoperta di un passato che, a distanza di tempo, ha il sapore di giorni perfetti.

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