DNA 2013 è la rassegna curata da Anna Lea Antonini all’interno del RomaEuropa Festival che presenta al pubblico romano alcune nuove realtà della danza d’autore emergente italiana e non. Ad aprire l’edizione di quest’anno lo scorso 23 Ottobre sul palco del Palladium il nuovo lavoro di Alessandro Sciarroni, coreografo, performer e regista molto in auge nell’attuale scena contemporanea italiana.
Alessandro Sciarroni “Untitled – I will be there when you die” Di : Alessandro Sciarroni Con: Lorenzo Crivellari, Edoardo Demontis, Victor Garmendia Torija, Pietro Selva Bonino Musica originale, Suono, Training: Pablo Esbert Lilienfeld Disegno luci: Rocco Giansante Cura tecnica: Cosimo Maggini Consulenza drammaturgica: Antonio Rinaldi, Peggy Olislaegers Osservazione dei processi creativi: Matteo Ramponi Cura del progetto: Lisa Gilardino Direttore di produzione: Marta Morico Organizzazione: Luana Milani Organizzazione casting: Benedetta Morico Ufficio stampa: Beatrice Giongo Produzione: Teatro Stabile delle Marche – Corpoceleste_C.C.OO# Coproduzione: Comune di Bassano del Grappa / Centro per la Scena Contemporanea, Biennale de la danse / Maison de la Danse de Lyon, AMAT, Mercat de les Flors/Graner (Barcelona), Dance Ireland (Dublin) Realizzato nell’ambito del progetto europeo Modul Dance promosso dall’’European Dancehouse Network con il sostegno del Programma Cultura 2007-13 dell’Unione Europea e di Centrale Fies e Santarcangelo dei Teatri 12 – 13 – 14 Festival Internazionale del Teatro in Piazza Vai al Programma del Festival RomaEuropa Vai al sito di Alessandro Sciarroni
La cosa che più stupisce del nuovo lavoro di Sciarroni è il suo inserimento in una rassegna di danza che ha lo scopo di proporre lavori coreografici emergenti. Il suo Untitled, infatti, risulta essere un lavoro che di coreografico e di danzato ha veramente poco o nulla. Sulla scena completamente bianca del Teatro Palladium quattro giocolieri e un musicista entrano e prendono posto nelle loro rispettive posizioni. Da quel momento e per i successivi 50 minuti i quattro performers eseguiranno degli esercizi alle clave aumentando sempre di più le difficoltà, aumentando il numero delle clave ed eseguendo evoluzioni sempre più complicate. Il musicista, invece, dal suo angolo li seguirà improvvisando tra musica live ed electronics, aumentando con loro il ritmo e l’intensità.
Lo spettacolo potrebbe ridursi a questa spiegazione, ma, per onor di cronaca, bisogna attribuire alcuni meriti. Il primo merito è quello dei giocolieri in questione che hanno dimostrato di possedere delle capacità tecniche non indifferenti, sicuramente superiori alla media. Sul finale della performance i quattro svolgono i loro esercizi tra di loro e nello spazio, rendendo ancora più palese la loro bravura, la capacità di ascolto e di osservazione. L’errore umano c’è e anche se le indicazioni erano quelle di farlo notare il più possibile, risulta in fin dei conti messo in secondo piano rispetto alle evoluzioni bellissime viste in scena. In alcuni momenti della performance le stesse risultano ipnotiche e suggestive, in altri momenti ripetitive, ma è inevitabile: l’esercizio di per sé, se reiterato davanti agli occhi di uno spettatore, risulta noioso o quantomeno lezioso, tecnicamente virtuoso ma emozionalmente privo di spessore.
Un altro merito va alla musica che ha saputo unire in modo interessante le due modalità; da una parte la musica suonata al piano e dall’altra la musica campionata dal computer. Un sostegno molto valido sia ai performers in scena che agli spettatori.
Ottimo il contributo delle luci che hanno arricchito la scena, con giochi di controluce e colori molto attraenti.
Per tutto il resto c’è l’annosa questione della definizione. Non è mai troppo bello, in questo periodo storico, etichettare, inscatolare e racchiudere l’arte in dei contenitori di significato. Attualmente è uno degli argomenti più dibattuti quello del dare una definizione al concetto di Performance. Ma non è mai stato messo in discussione il concetto di coreografia e danza e conseguentemente di spettacolo. La performance per definizione è tutto ciò che viene voyeristicamente messo davanti agli occhi delle persone. Se ne dibatte da troppi anni ormai e non si riesce a trovare una conclusione univoca, per fortuna e anche un po’ purtroppo. D’altro canto, la preoccupazione più grande è che si cerchi di proporre qualsiasi cosa sotto l’ala protettrice del non definito, manipolando di conseguenza i gusti degli spettatori.