All’interno dell’ambito di Romaeuropa Festival 2013, il regista tedesco Thomas Ostermeier presenta Hedda Gabler, al Teatro Argentina. Una messinscena attualizzante e glamour, con una protagonista, Katharina Schüttler, dal talento raro.
Hedda Gabler
Di: Henrik Ibsen Regia: Thomas Ostermeier Traduzione In Tedesco: Hinrich Schmidt-Henkel Scene: Jan Pappelbaum Costumi: Nina Wetzel Musiche Originali: Malte Beckenbach Drammaturgia: Marius von Mayenburg Video: Sébastien Dupouey Luci: Erich Schneider Con: Annedore Bauer, Lars Eidinger, Jörg Hartmann, Katharina Schüttler, Kay Bartholomäus Schulze, Lore Stefanek Foto © Arno Declair Una corealizzazione Romaeuropa Fastival 2013 e Teatro di Roma Dal 24 al 27 ottobre – Teatro Argentina, RomaVai al sito di Romaeuropa Festival 2013
Hedda Gabler, uno dei capolavoro di Henrik Ibsen, ha conquistato il palcoscenico del Teatro Argentina nell’allestimento realizzato da Thomas Ostermeier. Lo spettacolo ha visto in scena la celebre compagnia della Schaubühne. La crudele protagonista, pericolosa per sé e per gli altri, che dà il nome alla pièce, è interpretata da Katharina Schüttler: la sua figura magra e minuta sembra molto lontana dal carattere del personaggio; eppure l’attrice incarna perfettamente quell’ambizione annoiata e sprezzante che rende Hedda altera, falsa e capricciosa.
Con oltre trenta regie al suo attivo, Ostermeier è tra i maggiori registi della scena internazionale; la sua immensa capacità di lavorare sui personaggi lo ha circondato di interpreti straordinari. Il realismo della recitazione asciutta conferisce al testo un ritmo avvincente ed equilibrato, qualità che rende lo stile del regista profondamente contemporaneo e inconfondibile.
La vicenda della pièce è traslata ai giorni nostri: l’atmosfera è piccolo borghese ma intellettuale, e gli scritti cartacei sono sostituiti da laptop e Mac Book. Hedda, ventinovenne, ha da poco sposato Tesman, un uomo che non ama e che considera noioso, per questioni puramente economiche. A risvegliare l’alterigia e l’interesse della ragazza è Løvborg, rivale storico di suo marito; è appena riemerso da un periodo di alcolismo, e dichiara di aver finalmente scritto la sua opera migliore, che lo condurrà al successo e sancirà definitivamente la sua superiorità rispetto al marito di Hedda. Il personal computer contenente il testo viene trovato da Tesman. Quando Løvborg disperato confessa ad Hedda di aver perso il manoscritto, la donna lo incoraggia a uccidersi fornendogli una pistola, per poi distruggere il computer a martellate. Mentre Tesman e una donna, intima di Løvborg, cercano di ricostruire il contenuto dell’opera, Hedda scopre che Løvborg è morto in un bordello, probabilmente non suicida. Per di più Brack, avvocato dei Tesman, è a conoscenza del fatto che è stata Hedda a dare la pistola a Løvborg e la minaccia di divulgare l’informazione, se lei non cede alle sue avances. Hedda torna alle sue amate pistole, e sceglie di spararsi un colpo alla tempia, e il suo cadavere rimane sul pavimento, ignorata dal marito che continua a lavorare all’opera di Løvborg.
La scenografia è enormemente suggestiva: una struttura ruotante, divisa in quattro vani da una vetrata e un muro disposti a croce. Come un dispositivo di suspense, tale costruzione permette a Hedda di spiare le conversazioni tra gli altri personaggi e ne aiuta la mente calcolatrice, ma soprattutto consente al pubblico di intuirne le esitazioni in attesa di un’entrata più propizia. E sarà questa stessa macchinazione a mostrare al pubblico, ma non agli altri personaggi, il corpo esanime della protagonista.
Lodevole messinscena, Ostermeier esegue una regia sobria che lascia largo spazio a interpreti eccezionali.