Romaeuropa Festival: Lemi Ponifasio / Mau

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Si apre con un brusio elettronico il lavoro di un’ora e trenta minuti del coreografo samoano Lemi Ponifasio. L’attenzione al buio che invade la scena correlata al suono lontano ma presente, distoglie lo spettatore dal silenzioso aprirsi del sipario.

Birdswith skysmirrors

Coreografia: Lemi Ponifasio
Produzione: MAU, Festival Romaeuropa
Coproduzione: Theatre de la Ville-Paris, Theatre der Welt 2010 Ruhr, Spielzeit’europa, Berliner Festspiele Berlin, Wiener Festwochen, KVS Brussel, Holland Festival, Mercat de les Flores Barcelona, de Singel Antwerpen, New Zeland International Arts Festival.

Dal 26 al 28 ottobre 2012 – Teatro Argentina, Roma

Lemi Ponifasio / Mau

Programma Romaeuropa Festival

Eccoci, benvenuti in un mondo altro, scuro. E poi la luce, direzionata e definita, un grande ed impetuoso chiarore. Dietro si può intravedere dell’altro, dei megaschermi specchiati e una sorta di struttura diagonale somigliante ad una freccia piantata sulla terra, ancestrale. Lo spettatore è in un luogo asettico e denso di un’energia lontana, probabilmente condizionata dalla curiosità di vedere il lavoro di un uomo che arriva dall’altro capo del mondo.

Lemi Ponifasio spiega l’immagine di partenza di questo lavoro: durante una passeggiata sulla spiaggia dell’isola di Tarawa scorge degli uccelli che stavano costruendo il nido con dei nastri magnetici.

Allarme alla salvaguardia del pianeta, denuncia politica, messaggio basilare, che, vista dagli occhi di qualcuno che non appartiene alla nostra cultura, assume un sapore diverso.

Sulla scena tre donne aleggiano come spettri, con  gli occhi sbarrati, cantano e danzano, algide e impostate ma con un guizzo di follia-rabbia negli occhi onnipresente. A loro si aggiungono sette uomini, teste rasate, abiti scuri, quasi monacali, loro si muovono, camminando come se avessero un piccolo motore sotto la tonaca, fluidità nei loro passi e nei loro gesti. Le sequenze coreografiche sono ritmiche, eseguite all’unisono e scandite dai suoni percussivi che gli interpreti stessi producono sui loro corpi. Grandi spostamenti di spazio, attese e momenti occhi negli occhi rendono il movimento chiaro netto e percepibile da chiunque.

La proiezione saltuaria del video di un volatile su uno schermo-specchio è l’unico eco reale di un momento artistico quasi completamente astratto. Esenti dall’astrattismo sono alcuni soli in cui si assapora la sofferenza che trasmette il coreografo attraverso un gioco di luci che bagna le membra dei danzatori, oppure delle danze che, da danzatrice occidentale, chiamerei echi di tradizione neozelandese, incastonate come pillole all’algido mood in cui ci trascina Ponifasio.

Questo lavoro è un susseguirsi di sorprese dark attimi e presenze di cui non ci si accorge finche’ abilità registica del coreografo non lo desidera. E’ un lavoro impegnativo da seguire, da cui non ci si deve mai allontanare, che va guardato nel battito di ciglia e nel tremore dei nervi di coloro che lo eseguono. E’ un regalo sociale minuziosamente studiato in tutti i suoi aspetti, che va assolutamente visto, a costo di andare all’altro capo del mondo.

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