La collaborazione tra il Teatro di Roma e Romaeuropa Festival 2012 continua con il debutto in prima assoluta di Soprattutto l’anguria di Massimiliano Civica, il 13 e 14 ottobre al Teatro Argentina.
Soprattutto l’anguria
Di: Armando Pirozzi Uno spettacolo di: Massimiliano Civica Con: Diego Sepe e Luca Zacchini Impianto illuminotecnico a cura di: Gianni Staropoli Luci a cura di: Gianni Staropoli Corealizzazione con: Teatro di Roma Si ringrazia: Armunia/Festival Inequilibrio
13 e 14 ottobre 2012 – Teatro Argentina, Roma
La famiglia da cui provengono i due protagonisti di Soprattutto l’anguria incarna l’incomunicabilità delle relazioni interpersonali che l’uomo contemporaneo tende a instaurare. Il clima del focolare evocato richiama un mondo familiare degno del Wes Anderson de I Tenenbaum.
Lo spettacolo affronta il complicato tentativo di un uomo di ristabilire un dialogo con il proprio fratello. All’interno di dinamiche familiari governate dal non-detto, emerge una dicotomia trionfante: i discorsi dell’uno in cui si manifesta il caos della modernità, e i silenzi in cui l’altro si rinserra, emblemi di una natura impenetrabile. Il discorso avanza tra ricordi e buchi neri della coscienza, all’interno di un universo surreale che rischia di divenire specchio del presente.
Gli elementi scenografici sono scarni, essenziali; possono trasformarsi in qualunque cosa, come avviene nei giochi di far-finta dei bambini. La messinscena è totalmente affidata ai due attori, Diego Sepe e Luca Zacchini, in un lavoro sul testo e nel testo, dove la frase, il discorso e la sua assenza tornano a trovare peso e spazio.
Sul palcoscenico emerge sempre più evidente la difficoltà della relazione fra i due fratelli attraverso l’ostinato silenzio dell’altro, che trasforma questo tentativo in un paradossale monologo. Lentamente, e mai in modo esplicito, si comprendono quali siano i profondi motivi dell’uno per continuare a parlare e i profondi motivi dell’altro per insistere nel silenzio. È la questione della verità a costituire il nucleo dell’opera di Pirozzi, e a muovere i personaggi. E la verità non può che implicare tematiche quali il perdono e la polarità colpa/merito.
«Non esiste cosa più stupida di un padre stupido, e una cosa così stupida non merita di esistere». Se dentro quella cascata di parole non può che rivelarsi un livore e un’amarezza che per poco non sconfina nell’odio, forse proprio quel proteggersi dalla risposta nasconde ancora una scintilla, se non d’amore, almeno di quella nostalgia di un antico affetto che è la più schietta emozione che resiste nel confronto tra le persone. E forse questa emozione aleggia nel silenzio che alla fine sommerge i due afflitti fratelli, ormai chiaramente incapaci di sfondare il muro che li separa, ma forse ancora in grado di essere partecipi di un turbamento che riecheggia qualcosa di più grande di loro.
Sembra che tra i due non sia accaduto niente; ma – nella condivisione di un dolore che comunque li accomuna – sono tornati a essere una famiglia?